È l’ultima grande leggenda del rock’n’roll ancora in vita e averlo di nuovo in Italia è stata una grande opportunità. Tuttavia i suoi 72 anni non li porta bene, ma li indossa come un mantello pesante sotto il quale le spalle stentano a sorreggerlo. La metafora simbolizza la sua vita fatta di eccessi ed oggi il vecchio killer è inevitabilmente mansueto, dato che le forti esperienze che ha vissuto lo hanno logorato. Per tutti questi motivi era imprescindibile vederlo, almeno per chi è appassionato di storia del rock. Il killer non fa più paura, dato che della sua arroganza di cinquant’anni fa non è rimasto più niente, se non un timido ricordo. Jerry Lee Lewis sale sul palco, camminando a stento, si siede al suo pianoforte, suona per una quarantina di minuti e come è arrivato, con lo stesso passo stentato se ne torna nel suo albergo. Accompagnato da una band di quattro elementi di suoi coetanei ha proposto un set con una scaletta quasi tutta improvvisata, ma non sono mancate le perle “Great balls of fire”e “Whola lotta shakin’”, nelle quali il vecchio rocker ha comunque infiammato gli animi degli oltre quattromila spettatori, che sono rimasti comunque entusiasti dell’evento. Vederlo in queste condizioni lascia l’amaro in bocca, consci della sua condizione fisica ormai in decadimento, d’altrocanto il suo show è stato appagante, perché proprio considerando le sue condizioni, e giunto dalla sua Memphis solo per questo concerto; indica che per fare rock’n’roll, finché si ha un minimo di forze, la motivazione non manca mai.
Autore: Vittorio Lannutti
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