Può un libro pararsi dalle diffide della storia? Può farlo un disco altrimenti? Dipende dal libro, dipende dal disco. E ancora: potrebbero due frasi sovraesposte giocare con acrobatici sogni e ridere di sè senza aver paura? Del tempo si, del tempo no. Di rado acquisto chincaglierie o fermi carta inappropriati. Per un istante mi è capitato di pensare a Jason Molina e a un paio di suoi album che la storia l’hanno fatta veramente.
Storia mancina
Nei suoi racconti non c’era quasi mai spazio per la fatalità, poichè si dava una speranza raccordata ad una vita sempre in bilico. Il terreno instabile era circoscritto al Midwest – oggi potremmo dire a un mondo intero – pieno di fantasmi che non riescono tuttora a morire. Era la sua breve vita, fatta di alcool e sussistenza, poi il lungo addio di Pyramid electric co. che già dieci anni fa riconsiderava liricamente l’endemica ossessione americana per il vuoto. Jason, forse ce l’ha messa tutta a non morire, ma è da qualche parte ora che ci guarda stanchi e visionari. Ciao Jason, i tuoi racconti non moriranno a 39 anni.
http://www.secretlycanadian.com/artist.php?name=molina
Storia di sfiducia
Ed è proprio un libro che può catapultare la mente nelle distanze. Una nota gioiosa! Ricordo solo signora Ava di Francesco Jovine. Per chi come me sente destituita l’origine anche se Ryanair ce la rende ogni quarto di anno più vicina, il talento dello scrittore molisano è ciò di più consono per rinvigorire ogni cordone con l’adolescenza irrequieta. Noi tutti proveniamo da lì, da quella miseria narrata e da una morfologia partorita con dolore. Io provengo da una città che fa il paio con la propria esistenza da anni, con i propri orgogli e le tenere illusioni sentimentali. Il sud che rigonfia sterile come il sud che si cala in un incubo tirandosene fuori fra grasse risate. Signora Ava è uno di quei libri che facilmente si possono reperire al mercatino delle pulci o ad una svendita signorile in pieno centro a Milano.
Storie immortali
Io ne conoscevo una, quella di Peter Grimes di Britten che risuona greve nelle meningi a ricordare il Wozzeck di Berg. Distanti nell’aria, nel buio di un camerismo queste opere hanno l’ardire di rassicurarci sull’imperfezione umana. La struttura aperta che concede spazio alla lugubre passacaglia è un invito a pensare con maggiore attenzione a ciò che è perfettibile e al suo inverso. In Grimes c’è l’idea che la sua nemesi è stata già architettata dalla natura, dal mare che rigonfia. La bufera condiziona Grimes nelle sue decisioni. La banalità del male delle guerre mondiali ha reso un secolo mortificato, estraniato, dove i punti fermi sono stati manifesti di romanticismo congelato, di simbolismo occulto e minimalismo irrequieto. Un hipster di oggi che ascolta sardonicamente l’ultimo album di Ghostpoet è l’incoscente pro nipote di quegli accadimenti tempestosi.
Storia oltre
Paolo Angeli ha composto Il disco più interessante del 2012. Sale quanto basta – da poco in versione deluxe - è stupefacente. Musica di confine e peripezie di equazioni sperimentali. L’archetto che sviscera la chitarra sarda provoca vibrati che si potrebbero riprodurre facendo rabbiosamente ondeggiare una lastra di plastica. Frustando l’aria si ottiene un suono ed è ciò che sostanzialmente fa Angeli. La sensazione viscerale che si ha della malia, sanguigna e mistica, tra l’uomo fabbricatore e il mare pulsante è così intensa da far arrossire il vero battito arterioso. Uno strumento che di sardo ha ormai ben poco e che genuinamente può ricordare vari strumenti a corda continentali. La biwa giapponese, la kora mandinka, il suono delle due casse armoniche del surbahar indiano. è un battito granulato e percepibile che tocca, non me ne voglia l’autore, non solo i marosi di Britten, ma anche l’isolamento – nel suo caso sardo nel nostro molisano – meridionale di Jovine, finendo per abbracciare una musica concreta che esplora il silenzio come il vuoto imbarazzante proprio sulla scia di un Molina o di un generale primitivismo americano. Ma è in questo caso una musica oltre che tesse il ponente con i colori dell’ostro, il grecale con il garbino sabbioso. Oggi il silenzio passa dalla rosa dei venti. Se i perimetri di questi dodici brani sono delimitati plasticamente dall’autore tra le due sponde del Mediterraneo, tra Barcellona e la Sardegna, inevitabilmente l’orecchio medita più in là. Ascoltando sale quanto basta si viene subito rapiti dalla emozionalità di Brida o dalla spontaneità di Il mare salta troppe nuvole – il mare di Grimes come le nuvole di Morricone. Per non parlare della felice ricettività di Mascaratu, armoniosa, piena di luce o di Funda de almohada che ci riporta in una tombale onirica o poco meno, tra il sonno e la veglia ispirata. Appena prima che l’iride percepisca la luce, Angeli ci insegna a fermare quell’aspra sensazione di risveglio per giocarci sopra.
www.paoloangeli.it/
autore: Christian Panzano