Trovarsi davanti ad una teen band ormai capita spesso e di solito le ipotesi sono due: una grande scoperta o una bufala colossale. Qui siamo invece nell’esatto mezzo. Quattro ragazzini ancora minorenni che suonano bene, suonano bello ma sanno incredibilmente di vecchio. Si sente lontano un miglio che sono cresciuti a latte scremato e Slayer e li vedo attaccati alle loro cuffiette ad ogni ora del giorno e della notte ad ascoltare Sepultura e Dimmu Borgir.
Le influenze di quest’album -d’esordio, naturalmente- sono chiarissime. Non spiacevoli -anzi- molto piacevoli e fors’anche troppo. Tanto da non riuscire a farmelo giudicare. Meriterebbe un voto alto, se non fosse che il songwriting ricalca stili macroscopicamente noti all’affezionato pubblico del metallo black deathcore. Tom, Paul, David e Sean (niente cognomi sono minori ve l’ho detto) ci danno dentro. Picchiano come operai della manutenzione stradale, alternando ritmiche brutali e riff strappaviscere in “Forest of the Burning Darkness” e “The Laceration” che sono brevi ma intense, e soprattutto in “Every Waking Moment Dies” che si apre in un mosh scatenato e scatenante.
Note biografiche: dalla loro inevitabilmente breve scheda veniamo a sapere che Tom ha prestato dei soldi a Paul che voleva comprarsi una chitarra e che il giovane abbia imparato così alla svelta che l’amico -anche lui chitarrista baby- non se lo sia fatto scappare. Chiamano un bassista d’approccio e un batterista con esperienza da ex dodicenne (dunque quinquennale) e iniziano le prove. Tom ripone l’ascia e si accolla la parte vocale che quando hai sedici anni e devi urlare o grugnire rappresenta un problema e tale rimane oggi sul disco: lo screaming è completamente effettato. Ma la produzione è così curata nei minimi dettagli che a sentirlo nel suo complesso questo lavoro entusiasma grazie anche a Mick Kenney fresco di mano sull’ultimo Napalm Death. L’etichetta lo definisce una dose di veleno in un mondo musicale zuccheroso. Unsanctum rincarano la dose: “Incendia il cielo e lancia il pop dentro a bruciare”.
Autore: Antonio Mercurio