Salutata la Moonfog -benemerita per averne segnato gli esordi- la band norvegese inaugura con il suo terzo album il nuovo impegno con l’etichetta londinese. Lo dico subito: nel passaggio ad una label di maggior spessore i nostri non hanno perso nulla di quella ricercatezza sonora che ne aveva
fatto apprezzare il precedente “Phantom” (spingendoli ad un tour con Satyricon) e -cosa migliore- non sono scesi a nessun tipo di compromesso. Black melodico era prima e black melodico è rimasto. Limata forse un pochino troppo la componente brutal a favore di quella decisamente atmosferica ma -in generale- la linea seguita è coerente con l’evoluzione compositiva dello scandinavo quartetto. Ribadisco quello che scrissi nell’altra occasione e cioè che Rinn e compagni avrebbero potuto limitarsi –alla stregua di altri compatrioti- a mortificare sempre la stessa corda, urlare nel microfono e pestare sul rullante, e invece continuano ad esplorare un modo nuovo di concepire l’estremismo. Non hanno ancora tirato tutto fuori e d’altronde le porte vanno dischiuse con circospezione, specie ora che aprono su di una realtà molto professionale. Adelante -insomma- ma con juicio. In questa fase importa solo far vedere di aver coraggio. Lo si mostrerà
successivamente.
La crudezza delle liriche caratterizza naturalmente anche questo lavoro, ma purtroppo non conoscendo il norvegese mi attengo ad una microbio in inglese lungo la quale si magnificano ritornanti che si alzano e ballano al suono di violini nell’attesa di demoni che prendano la loro anima lasciandosi dietro solo frattaglie. Di corpi suppongo.
L’aspetto degli zombi -infatti- i quattro ce l’hanno e soprattutto il cantante Gard con il cranio impreziosito da diverse ferite -oltre ad un doppio visage che fa sembrare abbia scarnificata la parte inferiore del volto- inquieta non poco. Prego ammirare il video della trascinante “Dod”
contenuto nella versione lusso del cd e diretto con discreto mestiere –leggi senza effetti speciali- dal noto fotografo norvegese Marcel Lelienhof. Per il resto vi segnalo le canzoni dove tempi medi si uniscono alle inevitabili sfuriate come nell’opener “Atselgraver” o nella conclusiva “Kamp” e un’acida “Opera Seria”. L’acquisto del disco è vivamente consigliato a chi si aggira nottetempo tra loculi e segrete, e anche a chi -da semplice ascoltatore- vuole avvicinarsi al genere traumatico lieve.
Autore: Antonio Mercurio