Mi accingo ad ascoltare il debutto di Beatrice Antolini pensando di avere tra le mani il solito disco di cantautorato italiano al femminile ed invece ecco qua che dalle porte del “Big saloon” salta fuori la sorpresa come un coniglio bianco dal cappello del mago!
Premo il tasto play e come per incanto mi trovo al centro di una girandola vorticosa di balletti jazz-lounge (“Applebug and his doll”), melodie tra l’arioso e il caramelloso (“Bread & puppets”), divertissement per pianoforte degni di un Paolo Conte in minigonna (“Topogò (dancing mouse)”), r’n’b per picchiatelli (“Lazy Jazy”), filigrane trip-hop (“Moved form a town”), escandescenze blues (“Hi! Goodbye!), stacchetti da cabaret (“Brother’s bone”), sberleffi psichedelici (“Coca Cola Shirley cannonball”), smorfie indie-pop stile CocoRosie (“Jack”)…
Coadiuvata da qualche amico fidato, tra cui il cantante e chitarrista dei Jeniffer Gentle Marco Fasolo, Beatrice fa in realtà quasi tutto da sola, firmando in prima persona la produzione del disco, cinguettando liriche in inglese e svolazzando leggiadra tra contrabbasso, pianoforte, chitarre, percussioni, sintetizzatori e tutto quel campionario di rumorini assortiti che vanno a costituire il suo colorato mondo sonoro.
Autore: Guido Gambacorta