Do you know Daniele Brusaschetto? E dai, leggete Freak Out? Leggete le Villani-recensioni un po’? E soprattutto, la curiosità vi ha stimolati a cercare un po’ di cose sull’ispirato musicista torinese, da tempo in antitetica contrapposizione alle dinamiche sia produttive che di mercato? Ora, è vero che di Daniele abbiamo sotto mano solo la sua recente discografia solista, quella più vicina al formato canzone, ma è anche vero che mille, e meno “ortodossi”, sono gli altri progetti, solisti e non, del Brusa. E una parziale idea di come tali progetti “altri” possano suonare ce la possiamo fare con Ashtool, al secolo Mirco Rizzi, che nei dischi e nei live show di DB è musicista aggiunto, e che proprio a questi deve una svolta più “professionale” alla propria attività.
E allora, Ashtool si fa un disco solista, dopo l’esperienza citata, dopo studi di musica classica e di avanguardia “a-musicale”, dopo trascorsi nell’estremo e nell’harsh. Forse no, non è il caso di pensare a “Electro…” come a un’ideale riferimento al concittadino a noi caro. Diamo a Rizzi ciò che è di Rizzi, fermo restando tutto quanto detto a proposito di influenze, trascorsi, esperienze. Fatto sta che il progetto è, anche qui, fortemente aderente alla dinamica dell’autoproduzione (Into My Bed Recordings – da non confondere con Under My Bed – non è altri che lo stesso Rizzi), e lontano invece dal paradigmi promozionali, oltre che dal forzoso collettivismo di una qualche “scena” cui essere associati.
E il sound, coerentemente, non fa che ricalcare questo – beato? – isolamento operativo. Più che venato di solipsismo è infatti il complesso intreccio di strumentazione acustica, elettrica ed elettronica (manca qualcosa?) con cui Rizzi/Ashtool dà forma (forma?!) alla sua creatura musicale, sospesa tra lividi paesaggi minimalisti e ruvidezze noise-industrial, in cui l’obiettivo sembra essere l’eterno inseguimento della sintesi tra astratto concettualismo e “concretezza” dei suoni, secondo una sintassi avanguardistica che previene ogni iconografia o immaginismo ben definiti.
Capitolo fruibilità. Il disco va per le lunghe, e tutto è fuorchè una passeggiata di salute. Pane per i denti di esploratori dell’ascolto più die-hard, direi, ma è anche il caso di segnalare che una chiave di lettura c’è: se l’ultra-indie non è solo sfogo domestico e masturbatorio del proprio estro, Ashtool è ciò che legittimamente possiamo aspettarci.
Autore: Roberto Villani