Ci fa? Ci è? Non sarò certo io a sentenziare se mister Bugatti ci prende sempre più per i fondelli o se ha dei limiti oggettivi. Per me, qualunque sia la risposta, Bugo va preso in toto per quello che è, un giovane rocker che ha uno stile tutto suo, quantomeno apprezzabile e sicuramente da tenere in giusta e sacrosanta considerazione nel nostro panorama rock. Bugo è perfettamente degno dei suoi tempi, quindi rivendica giustamente il suo sguardo contemporaneo, tanto che se da un lato affronta il grave problema che attanaglia la maggior parte degli individui in età lavorativa che hanno meno di quarant’anni, vale a dire la precarietà in “Che lavoro fai?”, affrontato in modo scanzonato con i la la la la e non come ci si sarebbe aspettato dopo essersi rivelato anche come cantautore nel precedente “Golia e Melchiorre”. Insomma Bugo continua a stupire a modo suo, quindi a rimanere fedele a se stesso e basta. Nel suo agire anarchico continua a dedicarsi alle banalità di chi ritiene vitale il gel (“Ggeell”) o alla demenzialità tanto cara agli Skiantos del rock’n’roll di “Coda d’Italia”. Da sottolineare la produzione di Giorgio Canali, grazie al quale Bugo sviluppa maggiormente la sua inclinazione rock. Quando gli gira, invece, Bugo si riavvolge su stesso nelle ballate melodiche “Una forza superiore” e “Quando ti sei addormentata”. Non lontano ai quarant’anni, Bugo sente il bisogno di recuperare una fantascienza scarna e senza i barocchismi degli effetti speciali di oggi in “Oggi è morto Spock”. Il fantasma di Lucio Battisti aleggia nella descrizione di “Amore mio infinito”, in particolare nella seconda parte del brano, che diventa un blues, genere che non può mancare mai in un disco di Bugo, lui il rocker metropolitano, ex operaio.
Autore: Vittorio Lannutti