Intenso il concerto per solo clarinetto che Luca Luciano, sabato 13 novembre, ha eseguito all’Ex Asilo Filangieri di Napoli, nell’ambito della rassegna “Progettare una sopravvivenza”.
Ed è proprio alla ricerca di una sopravvivenza dell’arte e della necessità e forza della musica di essere essenza per l’individuo, sia nella sua individualità che nel suo vivere sociale e collettivo, che l’esecuzione è stata introdotta da un dotto e interessantissimo confronto, tra i maestri Luca Luciano e Fabrizio Elvetico, sulla musica classica e improvvisata del ‘900.
Il dialogo tra i due maestri ha toccato tematiche interdisciplinari che, dalla dialettica tra Pierre Boulez (oggetto di specifico studio da parte di Elvetico) e John Cage, passando per la “memoria sonora”, la “polverizzazione” di ogni punto di riferimento in musica, “il controllo del compositore sull’esecuzione”, è giunto sino al parallelismo tra arte, filosofia e teologia neotestamentaria (Luca Luciano, richiamando finanche “Il mito della caverna”, si è mostrato fine conoscitore della materia: “ … è un’idea pura, nel senso platonico del termine, cioè la forma nella sua maniera pura, ergo la musica strumentale ci riesce di più, proprio perché si libera della parola, liberandosi del logos, si libera pure dell’ombra del logos …”), al modernismo e al postmodernismo nel “Realismo Negativo” di Umberto Eco.
In una contemporaneità accelerata e liquida come quella dei nostri tempi che, a differenza della “polverizzazione” operata da parte della musica classica del ‘900, ha polverizzato, dissolvendolo nel nulla, il valore dell’ascolto, non si può che auspicare l’avvento di una “nuova alleanza” da scrivere nel cuore, nell’anima.
È così, il refettorio dell’Ex Asilo Filangieri, con la sua estetica protesa alla spiritualità, è stato luogo naturale in cui l’“interior intimo meo et superior summo meo” si è incarnato in musica.
Con un didascalico gesto fisico, Luciano ha proposto quattro composizioni.
In apertura, due movimenti tratti dal suo disco “Partenope” del 2011, in cui il clarinettista, condividendo il pensiero di Gustav Mahler che la sinfonia debba abbracciare l’intero mondo, ha espresso la necessità di fusione tra generi (classica, jazz, tradizionale).
A seguire, dall’ultimo lavoro discografico di Luciano “XX Century Music for Solo Clarinet”, la dicotomia, onomatopeica, espressa dall’abisso del tempo, con la sua tristezza, in contrapposizione alla capacità degli uccelli di ascendere verso l’alto, verso la luce, la speranza, propria dell'”Abîme des Oiseaux”, tratto dalla “Quatuor pour la fin du Temps” di Olivier Messiaen,
Quale terza esecuzione, un inedito personale “gioco”, ironico impromptu di Luciano su temi di Vivaldi, Mozart e Webern.
Come bis, ancora da “XX Century Music for Solo Clarinet”, il terzo di “Three Pieces for Solo Clarinet” di Igor Stravinsky.
La serata è stata, poi, in chiusura caratterizzata dall’esecuzione di “Rabdomanzia”, composizione scritta da Christoph Pennig, per l’occasione suonata in trio da Luca Luciano (al clarinetto), da Georg Lickleder (alla voce e tastiera) e Fabrizio Elvetico (alla chitarra).
La composizione di Pennig si è mostrata perfettamente calata nello spirito delle argomentazioni che hanno tenuto banco nel talk introduttivo, nella commistione tra classica e avanguardia. Se il canto di Lickleder ha conferito tono aulico, il clarinetto di Luciano contemporaneità mentre la chitarra di Elvetico, che ha riportato alla mente, nella manipolazione dello strumento, alcune esecuzioni che Fred Frith presentò proprio all’Ex Asilo nel 2019, un stilemi d’avanguardia.
Marco Sica