Dopo quattro anni di assenza, di nuovo sui palchi di Milano, Springsteen si esibisce con la E-Street Band in tour per il suo nuovo album.
Sarà stata l’assenza di Danny Federici, inossidabile (fin qui) tastierista dell’inossidabile (sinora) E-street Band, sarà stato il pubblico un po’ tiepidino (almeno rispetto agli standard elevatissimi dei suoi concerti) specialmente sulle canzoni nuove, forse non ancora digerite del tutto, sarà stata infine la sofferenza per l’acustica inaccettabile del Datchforum di Assago (uno come Springsteen già di suo soffre senz’altro gli spazi chiusi, la sua è musica da stadio, punto e basta), fatto sta che qualcosina non ha funzionato nell’unica data italiana del nuovo tour di Magic, l’ultima fatica del boss.
Eppure, sia chiaro, il concerto è sempre ad altissimi livelli. Del resto, come metterlo in dubbio quando sul palco c’è uno come lui? Springsteen non ha più nulla da dimostrare sulle sue doti di incantatore ammaliatore trascinatore di folle, e peraltro anche in questa occssione ne ha data ulteriore prova, perché lui, proprio lui, era in forma come al solito. Sessant’anni ormai arrivati, e non sentirli e non vederli: il boss suona per due ore e un quarto 24 canzoni praticamente di seguito una all’altra (come suo solito) e alla fine è meno stanco del pubblico. Ma stavolta la E-street Band non sembra seguirlo: forse i pensieri rivolti al compagno Danny che si sta facendo curare un melanoma, o forse i pochi soundcheck in un’atmosfera acusticamente infame come il Datchforum, ma insomma Clarence Clemmons e Little Steven, che di norma se non ci fosse Springsteen dominerebbero sul palco davanti a chiunque, sono un po’ in ombra.
La cosa si sente soprattutto all’inizio: Radio Nowhere, il pezzo trascinante dell’ultimo album, non esce granché, anche se subito dopo l’attacco di The Ties that Bind, recuperata da The River, riporta il pubblico ai vecchi fasti e fa recuperare l’entusiasmo.
E a questo punto la sorpresa (positiva): chi pensava che ormai a fine carriera il boss si lasciasse andare alle facili scalette da greatest hits convenzionati deve ancora una volta inchinarsi di fronte al suo coraggio musicale: la prima parte del concerto è tutta una scelta di pezzi ricercati e non ordinari, mixati abbastanza bene con le nuove canzoni: Lonesome Day, Gipsy Biker, Magic (in versione acustica) e Living in the Future si alternano con (udite udite!) Reason to Believe, Adam Raised a Cain, e nientemeno She’s the One. Segue un classico sempreverde, The Promised Land, ancora qualcosa di nuovo con I’ll Work for your Love (e qui si capisce che il pubblico non ha studiato abbastanza) e poi il pezzo migliore del concerto in assoluto: una quasi inedita Incident on 57th Street, con un assolo finale del boss da mettere i brividi. E dopo, come se non bastasse, E Street Shuffle, che lo stesso Springsteen dichiara di non aver mai suonato in Italia.
Questo già basterebbe, in un concerto normale, a soddisfare il prezzo del biglietto, ma poiché si tratta di E-street Band bisogna essere esigenti: e allora per accontentare Springsteen regala un’altra magia, Devils Arcade con violino e archi, suonata magnificamente e con grande atmosfera.
E’ di nuovo il momento dei pezzi nuovi: The Rising, Last to Die, Long Walk Home, suonate in successione, e poi l’esplosione consueta del pubblico su Badlands, che chiude la prima parte in gran trionfo.
Dopo la pausa brevissima seguono Girls in Their Summer Clothes, Tenth Avenue Freeze out e il gran finale: Thunderoad, Born toRun, e la tradizionale American Land, suonata in gran trionfo.
In conclusione, il pubblico va via soddisfatto ed estasiato, ma questo è scontato quando si tratta del boss. Chi ne ha già visti altri, non segnerà questo fra gli indimenticabili, ma certo, potrà dire di avere sentito Incident on 57th Street e She’s the One, in un’epoca in cui ormai non avrebbe sperato più di farlo. E inoltre le nuove canzoni funzionano bene, ma il tutto lascia pensare che ad Assago si è vista solo la prova generale del tour che Springsteen farà negli stadi, anche in Italia, per cui si parla già del 25 giugno a San Siro.
Va bene che il boss torni, ma possibile che da quattro anni le sue uniche date siano solo a Milano?
Resto d’Italia, fatti sentire!
Autore: Francesco Postiglione
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