Questo primo demo dei Pipers è interessante per molte ragioni: prima di tutte, per il fatto che sono una band campana, di Napoli, di giovani universitari che hanno in comune la passione per la musica, e hanno scelto fortunatamente di non disperderla nei soliti prodotti nostrani alla base di rima Amore/Cuore e tristezze simili (per non parlare del fatto che qui a Napoli la anti-cultura musicale imperante è quella dei neo-melodici). I Pipers cantano in inglese, ma ciò che più conta è che si ispirano completamente al brit-pop e cioè alla musica internazionale, in particolare agli Oasis/Verve che rappresentano certamente il loro riferimento attuale più vicino.
Come loro stessi riconoscono, il loro obiettivo non è fare musica originale, ma regalare delle melodie che possano tradursi in piccoli momenti di emozione: e dunque non li si incolperà senz’altro per la poca ricerca, per la poca innovatività, o per il fatto che non sono sperimentali o particolarmente elaborati.
Anzi, il loro principale pregio (così raro in questi tempi) è fare melodie semplici ma non banali, un rock non complicato né concettuale ma comunque solidamente retto dal punto di vista tecnico e con discreta competenza.
Né la chitarra di “Jube”, né il basso di Darko, né la voce di Steve (autore e produttore dei pezzi) si segnalano dunque per tecnicismi o virtuosismi particolari, ma l’insieme regge bene e ben si armonizza: dal punto di vista compositivo i tre pezzi scritti da Steve possono essere trampolino di lancio per altri miglioramenti, ma funzionano già abbastanza bene: “Tonight tonight” è una ballata dal testo non banale, eseguita con profondità e buon numero di strumenti (merito della produzione di Paolo Messere, anima dei Blessed Child Opera e della Seahorse recordings), ma il meglio i tre lo regalano in “Catch me”, dove l’influenza degli Oasis si fa evidente. Il pezzo è un buon rock puro a ritmo elevato, ben tenuto dalla voce, ben orchestrato nel complesso, e può tranquillamente funzionare come singolo (anche nel mercato italiano) in vista di un prossimo album. Forse più deludente è “Have a smile”, che ha il sound di quelle canzoni da riempimento album, anche se è eseguita con intensità notevole.
Complessivamente, un esordio più che promettente, per un gruppo che fa una musica ben poco praticata in Italia, dove chi si allontana dagli standard sanremesi scivola poi verso il cerebralismo, mentre i Pipers sono ben orgogliosi (a ragione) della loro difesa della melodia pura e semplice, anche se di marchio rock e di bandiera inglese.
Autore: Francesco Postiglione