Un concerto da non perdere, a pena di sporcarti la fedina di fan musicale “serio”. Questo il carico “etico” del live-show delle terribili giapponesi (non solo donne in line-up anche se l’elemento femminile è quello più caratterizzante in questo “man, man, man’s world”). Biglietto da visita rispettato: vico S. Geronimo ostruito dalla calca che, anziché come al solito cazzeggiare dilatando i tempi di attesa dello start, preme per accaparrarsi i posti meglio ossigenati dell’angusto club. Impresa difficile, il caldo è da ustioni. E ci si mettono pure i Goonies, ennesimo side-project del vulcanico Cotequiño aka Disco Samba aka Valderrama 5: cruise-ship band (leggi: band da crociera) addobbata di parrucche occhialoni collane di fiori e improbabili completi (minchia che caldo – così imparano a travestirsi) che solo nel finale mantiene le promesse di melensaggine à la Love Boat, dopo un arrembante (ma breve) set da Trumans Water del pop. Il genio del main-man è sempre operativo, e gli si può solo porgere il consiglio di non disperderlo in progetti a vita breve.
Veniamo ai protagonisti. Difficile attendersi particolari sorprese per una band che rappresenta già in sé una sorpresa nel campionario di suoni oggi disponibili: come non venire spiazzati dal loro manga-core schizofrenico, fulmineo quando non quasi istantaneo (segnalo una parentesi di 10 pezzi in un minuto compresi gli annunci per ciascuno di essi), ovviamente ben oltre ogni buon senso quanto a velocità? Il vero e proprio trademark non è solo in queste caratteristiche ma nell’essere estranea agli standard dell’hardcore – pur essendo forse, per estremismo, la band più hardcore del pianeta. E’ un gioco di contrasti efficace: l’abbinamento tra i non-riff pesantissimi, i bassi ultra-metallici e la batteria-jet da una parte e una voce che più femminile e acuta non potrebbe essere (così come nulla va perduto, esteticamente, della femminilità della bella YaSuKo) dall’altra. Il set di stasera non perde di vista nessuno dei motivi del successo (in ambito chiaramente underground) dei Melt Banana, e lo promuoviamo, per intensità, sudore speso ed effettive potenzialità espresse, a pieni voti.
Qualche riflessione mi preme fare invece su ciò che necessariamente precede la valutazione di uno show: il sound. Il punto è che della presunta “sovversività stilistica” di un gruppo del genere faccio volentieri a meno nei miei criteri di selezione. Volete che non mi tolga anch’io lo sfizio ogni tanto di molestare e far inorridire il vicinato musicalmente ignorante? Certo che sì, ma cerco di cavarmela con qualcosa che non sia massimalismo sic-et-simpliciter.
Andiamo avanti: tecnica? Buona, ma da non “drogare” col discorso velocità.
Varietà del sound? Meno che in un rutto-contest: sentito un pezzo sentiti tutti, l’effetto-sorpresa dopo 10 minuti svanisce e non poco.
Evocatività? Non disponibile, ma lo sapevamo.
Ballabilità? Zero, a meno che il pogo non conti quanto una ricetta medica (ed è quello a cui abbiamo assistito inevitabilmente e ininterrottamente), e non c’è bisogno di essere dei damerini per deplorare la platea in tali condizioni (ho pogato agli Ex e ho assistito alle centinaia di metri quadri di pogo innescato dai Fugazi al Forte Prenestino anni fa come a qualcosa che fosse sensato e meritevole di rispetto).
Originalità? In Giappone da anni c’è chi fa cose ancora più estreme: c’è un marchio già conosciuto che ti sdogana, se eri sardo avevi voglia di scrollarti di dosso associazioni mentali coi Tazenda o roba del genere.
Divertimento? Trascurabile, a meno di non trarne dal vedere qualche solito “giullare alternativo” all’opera, magari in movimento orizzontale su un tappeto di braccia.
Un giusto dovere di cronaca mi ha spinto qui stasera (ma forte è stata la tentazione di applicare, spiazzamento per spiazzamento, l’etica del “saper non esserci”, a prescindere dai fattori orario e temperatura) ma – e parlo per me – non ho necessità di un siffatto massimalismo. E – vedasi analisi testè esposta – ho motivo per preferire ai Melt Banana almeno altre 100 band. Con buona pace dei suoi fans e dei “divertimentofili” a tutti i costi. Cui non impongo le “mie” band. Saluti.
Autore: Bob Villani