Bernhard Fleischmann ha indirizzato tutta la sua vita alla musica. Ha cominciato suonando il piano, poi la batteria prima di manifestare la sua vena elettronica. Ha collaborato con tanti musicisti, inciso dischi con l’amico Christof Kurzmann e la sua etichetta Charhizma e da Vienna ha mirato Berlino alla conquista della Morr Music di Thomas Morr, label in prima linea della capitale tedesca, soprattutto tra l’inizio e la metà di questo decennio, che ha ininterrottamente sfornato prodotti di elevata qualità e ha esportato il proprio marchio, musicisti, grafica a pallini, e concetto di pop elettronico universale in tutto il mondo. La Morr, per intenderci, ha sempre avuto un proprio suono caratteristico e riconoscibile, riconducibile all’indie pop e l’elettronica che in tanti hanno cercato anche di riprodurre, non ottenendo però, come spesso accade, la stessa magia. Fleishmann è stato uno degli alfieri di questo movimento chiamato poi “indietronico”, che oggi, in assoluto non gode della notorietà delle migliori primavere passate, ma che in ogni caso, continua a generare buona musica. Fleishmann allora compie due mosse strategiche nella costruzione del suo nuovo album, “Angst is not a Weltanschauung!”. La prima è tecnico-compositiva, Bernhard svincola la propria attenzione dal suono al song-writing. La seconda è artistico-promozionale, il nostro si circonda di ospiti, particolare che nella Morr è sempre avvenuto, anche se spesso e volentieri si è trattato quasi esclusivamente di movimenti interni all’etichetta. Compilata la guest list, il prode musicista cala gli assi. In ambito indie diventa clamoroso semplicemente il fatto di avere in organico personaggi come Daniel Johnston che canta la sua splendida “King Kong” rinominata per l’occasione “Phones, Machines and King Kong”. “Angst is not a Weltanschauung!” ha suoni caldi e brani pop che alternano più stili sempre stuzzicati dai beats elettronici mai glitch. Illuminanti parti di piano e vocioni calde e intense qualche volta lasciano intravedere ombre che hanno la sagoma di Nick Cave, come in “Hello”, in apertura di disco, con Sweet William Van Ghost, al canto che educatamente apre l’album: “Hello microphone, hello voice, hello melody”! Il pop non è del tutto solare e successivamente è schiarito dalla voce genuina di Marilies Jagsch in “24.12.” che applica una piccola rispolverata al “suono-Morr”, arricchito da inaspettati innesti, attitudine sonora che Fleishmann riprende anche in seguito in “The market” e “Playtime”, smarcandosi di nuovo nel finale con la nostalgica “Even your glasses miss your eyes” con Bernhard sorprendentemente alle lyrics, come in più occorrenze in questo bel disco dal nome impronunciabile!
Autore: Luigi Ferrara