A volte per non essere a corto di argomenti quando si scrive una recensione, basterebbe semplicemente annotare le notizie biografiche che ogni buon etichetta acclude alle informazioni utili agli addetti , per farne uscire un pezzo degno della massima attenzione.
Come per Jay Haze, che in quanto ad episodi singolari ed inquietanti, ne ha di che raccontare.
SENTITE!!
Il povero Jay soffre di una malattia respiratoria invalidante, a causa degli effetti devastanti che l’inquinamento atmosferico della sua regione d’origine, la Pennsylvania, ha prodotto sul suo fisico particolarmente vulnerabile. A seguito di ciò, ha cominciato un lungo girovagare che lo ha costretto per qualche tempo da homeless nella città di San Francisco, fino a trasferirsi in Europa, dove finalmente ha raggiunto una condizione fisica e psichica soddisfacente da permettergli di lavorare alla sua prima realizzazione “Love for a Strange World”.
A questo punto verrebbe da chiedersi perché soffermarsi tanto sulle vicissitudini private di una personalità che dovremmo esaminare soltanto per le sue qualità artistiche? La cosa però si rende inevitabile soltanto a voler leggere i titoli e le parabole contenute nelle canzoni di Jay: quando narra di “Troubles I’ve Seen” utilizzando uno spleen a dir poco inquietante, a cosa pensate si riferisca? E poi continua con “Easy life”, micro frequenze house peformate dalla voce di un replicante umano con le batterie in riserva; tra episodi di esaltazione “Appreciate” e repentini attacchi depressivi “Slow Down” e una su tutte “Feel Your Pain” il senso di precarietà e di approssimazione che vi eravate così faticosamente lasciati alle spalle, finirà col riaffiorare tra i vostri fantasmi.
Autore: g.ancora