Un frullatore è lo strumento più utilizzato John Hughes III, per panificare tutti i suoi piani da qui al quando perderà il suo prossimo aereo.
Questo mondo è troppo piccolo! Il fondatore della Hefty Records, per chi non lo sa, proprio Slicker, è il figlio dell’Hughes regista di “Mamma ho perso l’aereo”! Un raccomandataccio eccellente! Vi fa almeno sorridere questa cosa? Devo essere onesto, a me tantissimo.
Successivamente ho messo il cd nel lettore e mi sono dovuto ricredere in pieno. L’amico John è più in gamba del bambino che seminava il panico tra i tipi che volevano rubare in casa…e, non siate ipocriti, lo so che la maggior parte di voi un paio di scene almeno le ha viste!
Tutto ciò perché il Nostro e i suoi amici hanno veramente frullato in grande stile, ma davvero di tutto, per la realizzazione di “We all Have a plan”, terzo lavoro dopo “Confidence in Dubber” e il successivo “The latest”, venuti alla luce dopo lo scioglimento dei Bill Ding, band indie-rock elettronica e prima esperienza in ambito musicale del poi futuro Slicker.
Non ho mai ascoltato un funk più raffinato di “God bless this mess”. Il collage musicale è caratterizzato soprattutto dal fatto che Hughes non abbandona un certo “touch” tradizionalista: l’utilizzo di una strumentazione digitale limitata per dare spazio a quella corporea, come l’assenza di campionamenti vocali a margine della voce delle comparse che orbitano attorno all’artista principale e da non sottovalutare un accorto lavoro di arrangiamento finalizzato a dare stile e concretezza. Di certo con un cast così d’eccezione toppare sarebbe stato il colmo: Telefon Tel Aviv, Lindsay Anderson, Khadijah Anwar (ex voce Sugar Hill), Phil Ranelin ai fiati e il cantante ghanese Dan Boadi tanto per citarne qualcuno.
Il frullatore è servito soprattutto per assoggettare jazz & blues, hip-hop, soul e afro-black, glitch, laptop music e minimal techno. E se vi piace solo il dub potrete passare direttamente alla traccia numero nove, “Villane Dub plate” giusto per essere soddisfatti della scelta del disco e per meglio comprendere questa sorta di non originalissimo, ma almeno riuscito, melting pot. Anche se, a dirla tutta, l’album è quasi del tutto deviato verso funk e r&b come va tanto a Chicago negli ultimi tempi.
Non vi fate ingannare dalla copertina ambigua, mi raccomando: il contenuto è molto sostanzioso, coinvolgente e vivo!
Autore: Luigi Ferrara