Squadra che vince non si cambia! E così dopo gli ottimi riscontri raccolti dal loro esordio “The Swindler”, i Super Elastic Bubble Plastic si ripresentano a distanza di un anno nella stessa affiatata formazione a tre – Gionata Mirai alla voce e alla chitarra, Gianni Morandini al basso, Alessio Capra alla batteria – non rinunciando né alle amorevoli cure della RedLed records né alla preziosa collaborazione dell’ex One Dimensional Man Giulio Favero per produzione e missaggio.
In realtà già dopo un primo ascolto sommario è possibile accorgersi che le novità non mancano, perché rispetto a “The Swindler” questo “Small rooms” si presenta come un disco più composito nel quale i Super Elastic Bubble Plastic dimostrano che il perfezionamento del loro sound va di pari passo con un deciso allargamento delle soluzioni adottate. Immutato lo spirito garage-rock, nuovi certi elementi crossover: ecco allora che la colata metallica di “In John’ shoes” rimanda addirittura agli Alice in Chains, il cantato di Gionata raggiunge in “So shy” livelli d’istrionismo mai toccati prima d’ora, “Need a gun” (il mio brano preferito della raccolta!) riesce nell’impresa di unire un attacco alla Queens of The Stone Age con l’epicità melodica dei Pearl Jam e “Hold on” sorprende non poco con un intreccio post-rock di percussioni, vocalizzi e lenti accordi di chitarra lacerato improvvisamente da lampi sonici. Forse qui un po’ sacrificata tra la sfacciataggine di “Feel sleepy” e le scorrazzate impetuose di “Guilty” (io piuttosto l’avrei vista bene come epilogo dell’album), “Hold on” è una traccia sicuramente destinata ad aprire un nuovo filone nel vocabolario espressivo dei Super Elastic Bubble Plastic; intanto la selvaggia potenza di “Rage age” ed il boogie rock’n’roll di “Selfmade popsong” rappresentano un’ottima garanzia di continuità nell’evidente processo di crescita del gruppo mantovano.
Autore: Guido Gambacorta