Dopo anni e anni di ascolto dei 30 Seconds To Mars, finalmente lunedì mi sono unita alla folla di fan assassini radunati fuori al Palasharp di Milano. Il grande problema di questa band è sempre stato l’eccessivo fanatismo, da me odiato. Ed infatti anche lunedì le cose non sono cambiate, tant’è vero che domenica sera il Fan Club Ufficiale era radunato fuori al Palasharp con tende, termos e viveri. Lascio a voi le ibere considerazioni.
Ma veniamo al dunque. Apertura porte ore 18.30. Orario rispettato, ma organizzazione pessima. Come sempre. Spintoni, maleducazione a gò-gò. Alle 20 salgono sul palco gli Street Drum Corps gruppo “percussion rock”. La loro esibizione è divertente, quasi tendente al ridicolo; tutto è sorretto dalle percussioni a forma di bidone di alluminio e dal frontman, un’icona di euforia, totalmente ricoperto di vernice colorata. Discreti. Secondo gruppo di apertura, Carpark North, danesi, che fanno dell’elettro pop la loro arma primaria; ma la performance è abbastanza anonima, tanto che suscita in me anche qualche sbadiglio di troppo. Fortunatamente i cambi palco sono veloci, quasi più dinamici delle due esibizioni precedenti, così il telone nero calato davanti a noi, pubblico in attesa, finalmente, dopo venti minuti circa inizia a vibrare. Alle 21.30 i 30 Seconds To Mars sono sul palco. Jared Leto, voce e chitarra, Shannon Leto , fratello del frontman, batteria, Tomo Milicevic, chitarra principale, accompagnati come di consueto da altri strumentisti validi, iniziano il loro set. Dopo l’intro, ”Escape”, il telone nero si alza e la visione di Leto infuoca gli 8000 fans che gremiscono il Palasharp fin dove sia possibile. “Night Of The Hunter” brano tratto dall’ultimo lavoro della band viene accolto da un boato assordante, e Jared con tanto di occhiali da sole, finalmente inizia a deliziare il pubblico con le sue corde vocali. La voce è chiara e potente, non me lo aspettavo; salta da una parte all’altra del palco, mentre Shannon violenta la batteria, posizionata su una pedana laterale. Subito giocano la carta di un loro vecchio successo “Attack”, tratto da “A beautiful Lie” del 2005. Il delirio è padrone del palazzetto e Jared, giocando con i fan si è dimostrato un ottimo urlatore, non risparmiandosi mai nelle grida isteriche che caratterizzano il pezzo. Il risultato è una carica energica che infiamma il pubblico, esaltatissimo. “Vox Populi”, brano dell’ultimo album “This Is War”, lascia molto spazio ai fans che vengono coinvolti nell’intero brano grazie a Jared che ancora una volta non si risparmia in salti e corse euforiche le quali non rovinano assolutamente la performance del frontman. I 30 Seconds decidono che è ora di “appiccare” il fuoco sul pubblico e così “From Yesterday” e “A Beautiful Lie” rimbombano nel palazzetto, assordanti, decise e cattive. Jared risparmia le energie e lascia cantare il pubblico durante “From Yesterday”, riempiendo solamente qualche lacuna di inglese che ovviamente caratterizza “SEMPRE” la maggior parte dei fan italiani. Per noi non c’è neanche una pausa. “This is War” segue i due brani ed è ancora una volta un coro di voci convinte ed energiche accompagna l’intero pezzo. Jared, che finalmente si toglie gli occhiali da sole, inizia a saltare, di nuovo, a giocare con il pubblico, come sue solito. Alla fine del brano intraprende una discussione con un gruppo a centro palco. Vuole formare un cerchio tra le persone, ma chiaramente la cosa è impossibile. Parla, chiacchiera, intrattiene con un inglese quanto mai perfetto che però non riesce ad essere capito dalla maggior parte della gente; lo stesso Leto infatti afferma: “I see, many people here don’t under stand what I’m saying”. Il povero Jared ha chiaramente ragione, ma siamo in Italia, purtroppo. Dopo questo piccolo teatrino, il frontman imbraccia la chitarra e intona la delicata melodia di “100 Suns”, brano acustico di “This is War”; finalmente l’energia lascia spazio alla tecnica e Leto risulta essere molto preparato; la sua voce risuona nitida e potente, d’impatto e coinvolgente. Le luci di abbassano e Shannon Leto avanza in punta palco, suonando le note di “L490”, brano strumentale quasi a metà tra il rituale mistico e il carmina burana. Nessuno sa dove sia Jared fin quando, al termine del brano, le luci si abbassano e i fari illuminano una gradinata laterale. Il frontman è lì, con microfono alla mano, pronto a cantare due pezzi acustici in mezzo alla folla. Tutti dovrebbero concedere ai fan questa possibilità; suonare tra la gente, senza la paura di essere toccati, parlare con loro, accettare richieste, è una cosa meravigliosa.
La maggior parte delle band dovrebbe prendere esempio dai 30 Seconds To Mars, sotto questo punto di vista. Dopo “Hurricane” e “Revenge” è il momento di un’altra hit. Leto torna sul palco, più carico che mai, e “The Kill” aggredisce le mura del Palasharp. Ogni movimento è studiato per esaltare i propri fans i quali accolgono il frontman con urla e gridolini isterici. “The Kill” è sicuramente un brano di impatto che ha fatto la storia dei 30 Seconds e probabilmente ha contribuito al loro successo. Assolutamente meravigliosa. Così seguono “Closer To The Edge” e “Search and Destroy”; Jared si getta in balia della folla che lo accoglie a braccia aperte, ma senza violenza; il leader riesce a rimanere in equilibrio sulla transenna a pochi passi da me, cantando questi due pezzi come sempre supportato dai cori dei fan che pur sapendo di non poter superare la potenza della voce di Leto si sgolano a più non posso per risultare al pari del cantante.
Il prodotto finale è un boato di voci assordanti che però non danneggiano la performance ma anzi la rendono più euforica. Ci avviamo verso la fine del concerto. “The Fantasy” brano tratto da a “A Beautiful Lie” riecheggia insistente e il “Jump” invocato da Jared rende il brano più carico ed esaltante. La scaletta prevede “Closer” dei Nine Inch Nails, forse una pretesa esagerata, o forse semplicemente un brano poco conosciuto,fatto sta che viene a mio malincuore saltato. La band sparisce, lasciando capire che siamo giunti al giro di boa finale. Rientrati sul palco, accolti da un’euforia mai vista, c’è ancora una cover dei Led Zeppelin prevista in scaletta, ”Whole Lotta Love”, anche questa tagliata fuori. Così Jared inizia ad invitare il pubblico sul palco per cantare ”Kings And Queens” unico singolo fin’ora estratto da “This Is War”. La gente è in balia del delirio ma la security, come al solito, non lascia scavalcare assolutamente nessuno nonostante la richiesta esplicita di Leto. Così sono i membri del fan club ufficiale che si dispongono nel background del palco e “Kings And Queens” risuona nel palazzetto. Jared sembra meno sciolto dei brani precedenti, forse preoccupato per i fan pronti ad assalirlo da dietro? Il brano è bello e melodico come su disco. Nessuna imperfezione. Dopo un applauso infinito e ancora una volta urla isteriche rivolte chiaramente alla bellezza tanto ribadita diLeto, i 30 Seconds To Mars abbandonano il palco con un ora e quaranta di set alle spalle. Il concerto è stato ottimo, sopra ogni aspettativa. Sicuramente l’organizzazione non è stata delle migliori e il fanatismo ha giocato in chiave negativa; ma è il momento di considerare Jared Leto come un vero e proprio leader e cantante tecnicamente dotato e non come un attore di Hollywood.
Autore: Melissa Velotti
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