Eccolo qui dunque, il disco sulla bocca di tutti in questo inizio 2007, il disco al quale nessuna rivista specializzata se l’è sentita di dare un voto inferiore all’ottimo. I giapponesi Ghost sono saliti alla ribalta internazionale col precedente album del 2004, ma all’epoca per la verità già esistevano come band da 10 anni; durante però la prima parte della carriera –parola che a loro non piacerebbe: il gruppo ha pose artistiche, motivazioni politiche, pacifiste, ecologiste, il loro leader Masaki Batoh è una sorta di guru– i Ghost praticarono un’ermetica ricerca psichedelica avanguardistica, della quale in questo nuovo disco del 2007 restano sicuramente tracce nella suite ‘Hemicyclic Anthelion’ ma di essa, che è il cuore stesso del lavoro, parleremo più avanti; poi, col nuovo millennio, è arrivata un evoluzione verso la forma canzone, ed ecco che ‘In Stormy Nights’ infatti si apre con ‘Motherly Bluster’, pezzo folk psichedelico acustico di 5’18”, krauto come da comune hippie a piedi scalzi, roba tipo primissimi Amon Düül: quelli del ’70, di ‘Para Dieswärts’, per intenderci. E questa attitudine free-folk, accostabile proprio a certo underground mitteleuropeo d’epoca, è uno dei tratti caratteristici dei Ghost, come si può percepire anche nelle epiche e marziali ‘Water Door Yellow Gate’ e ‘Caledonia’, che sembrano uscite da un incubo dei tedeschi Gong: la prima acidissima e ansiosa, la seconda è una cover dei Cromagnon all’inseguimento di flauto e pipes che evocano truppe scozzesi in kilt che marciano attraverso le highlands; e ancora, la componente folk è molto pronunciata ma fuori dal tempo e dallo spazio quando rimanda a certa roba West Coast più canonica tipo Pearls Before Swine –ascoltate la conclusiva ‘Grisaille’– senza tuttavia essere necessariamente folklore americano, europeo o asiatico; tutto confonde, nei Ghost, e la loro musica riproduce immagini fiabesche in cui la natura è contemporaneamente sfondo e protagonista.
Kraut rock, folk psichedelico, free music, ma ogni possibilità di comprendere i Ghost soltanto leggendo queste poche righe viene meno difronte ad ‘Hemicyclic Anthelion’: strumentale di nientemeno 27’30” piazzato alla traccia 2, che sembra un incubo dei Grateful Dead e dei King Krimson, ottenuto cucendo assieme varie parti d’improvvisazione live del gruppo, che dispone di una strumentazione molto ampia in cui giocano un ruolo centrale vari fiati, il theremin, il contrabbasso, percussioni orientali ed occidentali, e chitarre elettriche ed acustiche.
Due curiosità sui Ghost: il gruppo ha dichiarato di non voler suonare negli USA finchè durerà l’amministrazione Bush; memorabili poi gli happenings musicali organizzati dalla band in luoghi rigogliosi di vegetazione, anche senza pubblico, a conferma dell’ideale filosofico naturalistico perseguito da Masaki Batoh non solo negli scenari grandiosi della sua musica, ma anche nella vita di tutti i giorni.
Autore: Fausto Turi