Terza uscita per la Pippola Music, etichetta fiorentina che sotto la direzione di Isabella Panero e dell’ex Pankow Paolo Favati si è affacciata lo scorso anno nel panorama elettronico nazionale dapprima con una compilation programmatica (“L’insolita compilation”) e poi con il disco omonimo di Pulse, progetto del batterista Marco Galardi pensato come fusione ritmica di elettronica, world-music, funk e jazz-rock.
Adesso la prospettiva della Pippola Music sull’universo elettronico si sposta decisamente in direzione pop con i Blume, trio toscano composto da Francesca Storai al microfono e ai gingilli elettronici, Matteo Zanobini responsabile di chitarre, piano, sintetizzatori, noises e programmazioni, e Dario Brunori dietro basso, chitarra, tastiere, xilofono e batteria.
Aperto e chiuso dai due pezzi – “Piove piano” e “Ninna nanna alla regina” – che già erano stati inclusi nella scaletta de “L’insolita compilation” come primo assaggio introduttivo, “In tedesco vuol dire fiore” (titolo esplicativo del moniker Blume) è un disco dalle tonalità pastello proprio come evocato dai disegni che Arianna Pagano ha pensato per l’artwork del cd: canzoni soffici, melodie lievi, liriche in italiano appuntate sulle pagine di un diario intimo, spruzzate di cristalli elettronici che rimandano al glitch pop di Lali Puna e Komëit, nebulose dream-pop uscite direttamente dai cataloghi della 4AD e della Creation Records. Tutto ben confezionato, grazie anche ad arrangiamenti raffinati (soffermatevi sul terzo brano, “S”), all’attenta supervisione di Paolo Favati in fase di missaggio e alla presenza di una parte multimediale contenente 9 tracce strumentali.
Un appunto critico: la sostanziale monotonalità del cantato di Francesca limita un po’ le potenzialità espressive del disco e quindi la futura crescita della band dovrà passare necessariamente attraverso lo studio approfondito di certe varianti sonore al momento appena accennate, quali ad esempio le scorrazzate elettriche proposte nella coda di “Non va bene” o le atmosfere brumose suggerite da “Umiliata dal sonno”.
Autore: Guido Gambacorta