Due anni fa, su queste pagine, si posero alcune domande a Cesare Basile in occasione del suo Ajamola solo tour; per l’occasione si citarono lavori passati di Basile tra cui “Closet Meraviglia” ritenuto “uno dei più bei lavori discografici di cantautorato Italiano”. Si osservò anche come Basile avesse saputo operare “una giusta sintesi tra la musica tradizionale, il rock-folk “deviato” e le molteplici declinazioni che la musica indipendente ha avuto in questi ultimi trent’anni”.
Ora, nel 2025, Cesare Basile cambia nuovamente pelle con “Nivura Spoken” (Viceversa Records), volgendo lo sguardo verso una certa sperimentazione musicale/teatrale mitteleuropea nella fusione tra musica industriale, tradizione e spoken.
In apertura la strumentale bella “Nivura” bilancia con esattezza folclore e noise e conduce a “U me zogu cor diavu” (con Rita “Lilith” Oberti) in cui l’elettronica costruisce intricate foreste metalliche mentre la voce celebra un rito post atomico.
Se in “Nisun al da na vos” (con Sara Ardizzoni) il “rito” prosegue e i “canti” della terra emergono da magmatiche ebollizioni, “Cosmo” (con Nada Malanima), conformemente al titolo, trasporta l’ascolto in orbita, tra i motori e le macchine si una stazione spaziale.
Mentre “Aremu rindinedda” (con Vera di Lecce) ha incedere cibernetico, “Frustration” (con Sarah ElkahlOut) evoca distopici scenari da apocalisse robotica.
“Nchiaccatu” (con Valentina Lupica) con i suoi automatismi e suoni stridenti da fabbrica congeda un lavoro discografico che colpisce, in cui Cesare Basile riesce con maestria a mantenere intatta la propria impronta che affonda nelle tradizioni di una terra ora però resa (per dirla alla Giovanni Lindo Ferretti con il Consorzio Suonatori Indipendenti) “mistica” e “meccanica”.
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