In due giorni due live (leggi anche il secondo stoner-report, ndr) importanti per una scena stoner che sembra molto viva qui nel profondo nord italiano. Iniziamo la cronaca della serata di Aviano ribadendo la premessa e specificando che il batterista degli OJM è uno dei boss della Go Down Records (la label che ha organizzato la seconda serata) che ha contribuito a creare un movimento piuttosto attivo per un circuito alquanto statico, almeno per quanto riguarda le sonorità espresse. Ma in effetti c’è proprio una scena qui nel profondo nord che sebbene legata al contesto territoriale su cui si affaccia (bands, etichette e locali) riesce ad avere un’importanza, un respiro molto più ampio. La causa di tutto questo è la percezione che si ha da queste parti del rock and roll. Forse in città più grandi o in qualsivoglia altrove nazionale i barocchismi ‘indies’ non lasciano troppo spazio al ‘raw and wild’. In questo contesto ecco che la Go Down Records è decisamente centrale e di portata internazionale se si considera che intorno le gravitano bands quali Gorilla e Firebird. Entrando nel dettaglio della serata al Velvet di Giais di Aviano possiamo solo confermare quanto avevamo già visto ai Santi Angeli (Giavera del Montello, Go Down Fest) qualche mese fa: gli OJM sono una band da grandi numeri, elettricità detroitiana e un tiro fuzz rock incredibile. Però forse stasera la luna è un pò storta per i nostri; c’è un’impalpabile insofferenza che poco toglie all’infuocato show che sempre offrono, ma che fa sembrare la fine della loro esibizione un taglio netto. Dopo arrivano i californiani Fu Manchu e nell’aria c’è aspettativa per una storica stoner band oggi un po’ meno stoner. Rifferama serrato e metallico, qualcosa di sbagliato e poco convincente nei volumi e nei suoni troppo alti, i pezzi tutti troppo tirati, senza mai lasciarli un po’ alla deriva a raggiungere quei paesaggi più space e stranianti che fanno capolino dai loro dischi, senza quelle chitarre dal suono sgranato per gli alti tagliati, le distorsioni liquide, gli slow-down. Ma tutto ciò non sembra interessare a chi invoca a gran voce ‘Godzilla’ e che vuole solo perdersi in acide immagini da deserto californiano agitandosi dinanzi alle innocenti polo a strisce dei nostri e al faccione da b-movie ‘70 di Scott Reeder, come nel bel momento di ‘Mongoose fly’. I brani estratti da ‘California Crossing’ in effetti risultano tra i più riusciti, a giudicare dalla partecipazione del pubblico, ma anche classici come ‘Anodizer’, ‘Evil eye’, ‘Saturn 3’ da ‘Action is go’, nonché la mitica ‘King of the Road’, hanno provocato forti reazioni.
Autore: A. Giulio Magliulo
www.fu-manchu.com