“V” impersona la nostra vendetta sul mondo. Con una maschera perenne sulla faccia questo reietto bombarolo non può che dirci la verità. Ecco un vero teatroterrorista: fidiamoci di lui, del suo idioma scespiriano, saltiamo in aria con lui. Film tratto da una graphic novel di successo, un fumetto. E in genere quando un fumetto (carta) diventa pellicola (celluloide) non c’è troppo da sorridere. Che c’entra un regista, un attore, una sceno-grafica in 3d in cui si muove l’eroe, quando la matita e le chine anche dell’ultimo dei MacFarlane possono stravolgere come vogliono le leggi visive della cinetica (e farci sognare)? Però per “V” la musica cambia un po’. Vuoi perché si tratta di un personaggio scolpito a immagine e somiglianza dei nostri fiammeggianti istinti antimediatici, anti-conflitto di interessi, e diciamolo, antiMurdoch, vuoi perché il plot nasce da un’idea dell’irsuto guru dei comics d’autore Alan Moore. La storia racconta una Londra temporalmente “alternativa” risucchiata dal tele-potere onnipresente di un leader di partito ultrateocon e di un superuomo misterioso con la maschera di Guy Faweks che si è ripromesso di debellarlo per riparare “torti” passati. Basta questo per dire che quando c’è di mezzo Orwell e grandi fratelli da abbattere, l’unione epica, empatica, con il giustiziere con la frangia si fa progressivamente totale. Perché in fondo vendicarsi è un bel lusso (anche se c’è un freno: l’amore. L’amore ti frega). Carta bianca dunque all’anarchico V, e via alla tonitruante sinfonia di vittoria che accompagna l’esplosione del Parlamento della city: para-para-para-pa-ppa-ppà!
Autore: Sandro Chetta