Morrissey è un enigma impacchettato in un dilemma, avvolto in una bandiera. Per la scena alternativa che lo ha sempre idolatrato, continua a essere una figura simultaneamente irritante e affascinante: un poeta della malinconia che, quando si tratta di certe battaglie, non sembra conoscere il significato della parola “equità”.
Si riaccendono i fari sul suo tour a causa dell’ennesime cancellazioni di tappe che questa volta vedono gli appuntamenti live in Turchia coinvolgerlo su posizioni politiche che vedono il cantante inglese in un mix di musica, protesta e identità nazionale. Ed anche se nel mondo del sistema Pop spesso si predilige l’ambiguità, Morrissey continua a essere un macigno di controverse certezze. L’ultimo episodio della sua saga personale vede la cancellazione di due concerti in Turchia, operazione subito attribuita dai fan online al suo storico e mai negato sostegno a Israele che ha avuto il suo apice ben 13 anni fa quando si avvolse nella bandiera israeliana.
Il dibattito è esploso sul fedele fan site Morrissey Solo, dove gli utenti collegano l’annullamento a un video, recentemente virale su X/Twitter, che lo ritrae mentre brandisce la bandiera israeliana durante un concerto del 2012. Quell’anno, non a caso, all’artista fu conferita la chiave della città di Tel Aviv. Quel gesto, all’epoca, fu una chiara presa di posizione, un’immagine potente che oggi ritorna con forza nei social, macchiata dal conflitto in corso.
La didascalia che accompagna il video sui social non lascia spazio a interpretazioni: “Vi presento: il cantante sionista Morrissey… Questo concerto non dovrebbe essere permesso mentre i bambini muoiono in Palestina“. Una retorica che sposa appieno le campagne del movimento BDS (Boycott, Divestment, Sanctions), che Morrissey ha più volte bollato come “assurdo e miope” .
La filosofia di Morrissey sull’argomento, però, è sempre stata più sfumata di quanto un banner social possa contenere. In un’intervista a Der Spiegel, l’ex Smiths si è espresso così in passato: “Al resto del mondo Israele non piace molto… Ma la gente lì è molto generosa e amichevole. Non si dovrebbe mai giudicare un popolo dal suo governo“. Un concetto che ha tradotto in musica nel 2017, con la ballata pro-Sionista “Israel“, contenuta nell’album Low in High School. In quel brano, Morrissey canta: “Non posso rispondere di ciò che fanno gli eserciti – Loro non sono te“, tracciando una netta linea di separazione tra la nazione e le azioni del suo governo .
Questa non è la prima volta che Morrissey utilizza un palcoscenico per un atto di simbolismo nazionale. La sua abitudine di avvolgersi nelle bandiere delle nazioni in cui si esibisce è nota. Tuttavia, averlo fatto con la bandiera israeliana, oggi risulta, in un periodo di così alta tensione politica, inopportuno.
Del resto è accusato, dal lontano 1992, quando fu fotografato mentre sventolava l’Union Jack in un contesto associato alla cultura skinhead, all’epoca già percepita come legata all’estrema destra; di essere uomo di destra se non addirittura “fascista” tanto da portarlo ad avere posizioni interpretate come vicine all’estrema destra britannica.
C’è da sottolineare come ha “cortesemente declinato” un invito a esibirsi alla conferenza del partito di Nigel Farage, Reform UK, dichiarando di essere “apolitico” e di non aver mai votato in vita sua.
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🇹🇷 ÜLKEMDE SİYONİST İSTEMİYORUM!
🎤 16 Aralık’ta Volkswagen Arena’da sahne alacak Morrissey, “Israel” şarkısıyla siyonizmi övüyor.
Bu topraklarda zalimi alkışlayana yer yok!⚠️ KONSER HEMEN İPTAL EDİLSİN!#BoycottMorrissey pic.twitter.com/Y1DPsjZEjn
— Yahya Sinvar (@Yahya_Sinvar_) October 8, 2025

































