Dopo la pubblicazione dell’album “Not Music” avvenuta nel 2010, gli Stereolab hanno messo in pausa la loro attività per quasi tutto il decennio successivo, riunendo nuovamente la formazione nel 2019 per avviare una serie di concerti a supporto delle ristampe del loro catalogo che sono proseguite nonostante la dolorosa scomparsa della polistrumentista e vocalist australiana Mary Hansen, che insieme alla cantante francese Laetitia Sadier costituiva il fulcro centrale di una delle band più sfuggevoli ad ogni catalogazione, che hanno caratterizzato tutti gli anni Novanta.
Nonostante vennero ben presto infilati nel grande calderone del post rock, per il gruppo fondato dall’ex McCarthy Tim Gane venne coniata l’appropriata definizione di retro-avant pop band che li ha distinti e caratterizzati in tutto il loro percorso discografico.
Oggi gli Stereolab tornano con un disco di canzoni nuove che fanno rivivere i fasti del passato, senza che questi sembrino demodé, grazie alla loro miscela di suoni retro-futuristi accompagnati da testi che mantengono il carattere politico sociale che li ha da sempre contraddistinti.
Instant Holograms on Metal Film (Duophonic Records/Warp Records) è un disco che dimostra come il tempo non abbia affatto scalfito la scrittura del duo Gane/Sadier che ancora una volta propongono un miscuglio pop capace di catturare elementi di teutonico krautrock, sixty yé-yé, elettronica moderna e easy listening dal sapore retrò, su cui innestano la loro politica di sinistra, Tutto questo dando vita ad un suono che sembra cambiare forma di continuo, ma facendo si che gli Stereolab restino sempre fedeli a se stessi.
La novità sostanziale che troviamo in questo nuovo lavoro è rappresentata dall’uso delle voci maschili, dal bassista Xavi Muñoz e dal tastierista Joe Watson, in canzoni come “Aerial Troubles”, “Le Coeur et la Force” e “Esemplastic Creeping Eruption”, anche se in passato qualcosa del genere era stato già provato. Non mancano ospiti femminili come Marie Merlet, ex compagna della Sadier nel gruppo dream-pop Monade, mentre nel brano “Vermona F Transistor”, è presente in qualità di vocalist Molly Hansen Read, nipote di Mary Hansen.
Tutti tentativi che cercano di ricreare la magia dei tempi migliori degli Stereolab, quando la fusione delle voci della Hansen e della Sadier si intercambiavano alla perfezione cancellando il ruolo di voce principale e secondaria, cancellando quell’ego tipico del rock che avrebbe potuto nuocere alla magia di uno dei tratti più riconoscibili del gruppo inglese.
“Instant Holograms on Metal Film” porta nell’orbita degli Stereolab un nuovo produttore (Cooper Crain dei Bitchin Bajas), nuovi musicisti (il cornettista jazz Ben LaMar Gay, il percussionista Ric Elsworth) e i nuovi vocalist già citati, tutti messi al servizio di un album dove le canzoni e gli strumentali presenti funzionano alla perfezione.
Non mancano i caratteristici cambi di ritmo che trasformano le canzoni per trasportarle in nuovi territori come accade ad esempio alla languida “Immortal Hands” che viene d’improvviso rivitalizzata da un ritmo drm’n’bass, né sono assenti le classiche gemme pop che gli Stereolab sanno regalare come “Transmuted Matter”, una canzone d’amore astratta, oppure come il singolo “Aerial Troubles” con il suo groove tipicamente yé-yé che addolcisce un testo politico che cerca soluzioni per risolvere lo stato moribondo della nostra società, piuttosto che deplorarlo.
La critica feroce non manca ad esempio in un brano dal titolo “Colour Television” una stroncatura pungente del tipo di narrazione fasulla che oggi viene propinata dai politici di tutti gli schieramenti – “un’illusoria promessa di una classe media per tutti” – che permette ai ricchi di continuare a dividere e governare. “È un’unica storia imposta con violenza come la narrazione universale del progresso e dello sviluppo e della civiltà”, canta la Sadier, su una musica cantilenante. Un’osservazione della società britannica che può essere mutuata in quella del nostro, come in ogni altro Paese occidentale.
Persino l’accattivante “Melodie Is A Wound” affronta una realtà ancora più sinistra sotto forma di autoritarismo strisciante. “L’obiettivo è manipolare/mani pesanti per intimidire”, canta Sadier, spiegando con calma come le tattiche trumpiane ‘spengono l’idea stessa di chiarezza/stringono il tuo desiderio di verità e fiducia’. Un testo che ci aspetteremmo sorretto da un suon come quello degli Idles e che qui viene invece rivestito dal pop in stile Bacharach con una coda estesa e in accelerazione.
La forza degli Stereolab è che la loro musica non invecchia mai perché la loro miscela di sensibilità pop e sperimentazione d’avanguardia, l’instancabile ricerca di accordi sconosciuti e di nuove permutazioni di suoni, suona sempre fresca, nitida, deliziosamente saporita. Instant Holograms… non fa eccezione: ogni canzone è immediatamente identificabile come Stereolab. E questo fa si che questa reunion non può che far bene al panorama musicale di quest’epoca, così come lo fece nel periodo d’oro della loro carriera.
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