Dallo sconquasso post-punk degli anni ’70 alla rivoluzione colorata di “Glow On”, un viaggio per capire come i Turnstile siano diventati il punto di riferimento per una nuova generazione di ascoltatori.
Mercoledì 12 novembre 2025, all’Alcatraz di Milano, andrà in scena più di un semplice concerto. L’attesissimo live dei Turnstile, a supporto del loro recente album “NEVER ENOUGH”, sarà l’occasione perfetta per tracciare una linea evolutiva che, partendo dalle ceneri del punk e dal fermento del post-punk, arriva dritta alla rivoluzione sonora di una delle band più influenti degli ultimi anni. A dividere il palco con loro ci saranno due open act: la rock band inglese High Vis e la experimental rock band americana The Garden, promettendo una serata all’insegna della migliore energia live.
Prima di approdare in Italia, i Turnstile hanno dominato palchi in tutto il mondo, da festival iconici come l’Outbreak Fest di Londra e l’Hellfest in Francia, al Glastonbury e al Primavera Sound di Barcellona e Porto, dimostrando un appeal trasversale e potentissimo.
Il nuovo album, uscito lo scorso 6 giugno, non è solo il successore del celebratissimo “Glow on” (che valse alla band quattro nomination ai Grammy nel 2021), ma un’ulteriore, esaltante evoluzione del loro suono del gruppo formato da Daniel Fang alla batteria, “Freaky” Franz Lyons al basso, il carismatico Brendan Yates alla voce e Pat McCrory e Meg Mills alle chitarre.
“Never Enough” è descritto come un viaggio trasformativo, impavido e vivo, che conferma i Turnstile come uno dei collettivi più lungimiranti della loro generazione. A coronamento dell’uscita discografica, la band ha presentato il film “TURNSTILE: NEVER ENOUGH” al Tribeca Festival, dopo averne celebrato il lancio con un’esibizione da tutto esaurito sotto il ponte di Brooklyn e una performance al Tonight Show di Jimmy Fallon.
Per comprendere la portata del fenomeno Turnstile, è necessario fare un passo indietro, fino al movimento post-punk della fine degli anni ’80. Nato come evoluzione del punk rock, il post-punk mantenne l’energia e l’atteggiamento anticonformista del suo predecessore, ma superò i cliché del rock tradizionale, spingendosi verso sperimentazioni con la musica elettronica, l’arte d’avanguardia e nuove tecniche di produzione. In questo filone che è possibile fare un parallelismo con la musica dei Turnstile con quello che succede oggi.
Band seminali come Joy Division, Siouxsie and the Banshees, Wire, Gang of Four e The Cure divennero i pilastri del post punk. La loro caratteristica comune era una spina dorsale pulsante, con un ruolo preminente di basso e batteria, atmosfere minimaliste e vocalità spesso monocorde e robotiche, che esploravano temi introspettivi e oscuri.
L’estetica e l’approccio sperimentale del post-punk non sono mai morti. Dopo un revival di successo negli anni 2000, guidato da band come Interpol, Franz Ferdinand e The Strokes, negli ultimi anni abbiamo assistito a una nuova fioritura del genere. Un’ondata di nuovi artisti, tra cui Idles, Fontaines D.C., Black Midi, Emyl and The Sniffers e Squid, ha ripreso quelle sonorità, infondendole con l’urgenza e le ansie del presente.
Ecco che il cerchio si chiude con i Turnstile. Quello che la band di Baltimora ha magistralmente fatto è catturare l’essenza di questa lunga eredità e tradurla nel linguaggio dell’hardcore moderno. Come le band post-punk storiche che rifiutarono i limiti del punk per esplorare nuovi territori, i Turnstile hanno infranto i dogmi dell’hardcore, mescolandolo con funk, pop, shoegaze e dream-pop.
La loro genialità non sta nell’aver inventato qualcosa di completamente nuovo, ma nell’essere il punto di incontro, il ponte sonoro che collega diverse epiche musicali. In loro è possibile ascoltare l‘eredità post-punk: l’uso di atmosfere suggestive, le linee di basso melodiche e pulsanti, e una certa ossessione per il groove ricordano la lezione di band come Gang of Four.
La sperimentazione post-hardcore, emersa in band come Converge e Thrice che si spingono verso un genere più tecnico, caotico e progressivo, trova eco nella struttura compositiva non convenzionale dei Turnstile. Emerge anche l’energia della scena contemporanea che si lega, quasi in maniera simbiotica, con band come Angel Du$t (con cui hanno condiviso alcuni membri) o per l’energia travolgente con gli Scowl dimostrando che i Turnstile non sono un’isola, ma la punta di diamante di un’intera scena in fermento, tornata alla ribalta dopo l’indigestione crossover metal dei 2000 fatta di Korn, Limp Bizkit, Deftones.
Infine le radici nell’hardcore: è impossibile non sentire, sotto le melodie, la potenza e l’attitudine delle band post-core delle origini e su tutti il riferimento cade sugli Snapcase.
I Turnstile, senza negarlo, incarnano il concetto di “hardcore come comunità” in evoluzione. Non sono solo una band che suona un certo tipo di musica, ma un prodotto della scena hardcore che ha sempre abbracciato chi, pur provenendo da quel mondo, decide di esplorare nuove direzioni. Sono la prova che l’hardcore non è un suono rigidamente definito, ma un ecosistema vivente i cui confini sono, per fortuna, sempre meno definiti

L’appuntamento di Milano non è, quindi, solo il concerto di una band di successo. È la prova tangibile che la musica più vitale è quella che non dimentica le proprie radici, ma si rifiuta di rimanerne prigioniera. I Turnstile, come i migliori artisti post-punk prima di loro, hanno capito che la vera ribellione non sta solo nel distruggere, ma nel costruire qualcosa di nuovo dalle macerie delle regole passate. E in questo, sono i legittimi eredi di una tradizione che ha ancora moltissimo da dire.
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