Ha sbancato i botteghini francesi con oltre 21 milioni di spettatori, superando di gran lunga La grande Vadrouille di Gérard Oury (record d’incassi in Francia con 17,27 milioni di ingressi nel 1968).
Il paesino di Bergues o comunque lo Ch’tis – zona a nord del Paese sconosciuta finanche ai francesi – sono diventati luogo di pellegrinaggio dove in tanti, pur di immolare i protagonisti dell’ultima opera di Daniel Boon (che ha lavorato come attore per Patrice Leconte e nel film interpreta Antoine, il postino campanaio), si fermano per dedicarsi ad una comoda pipì dal ponte.
Certo, non si può negare che la Francia da qualche tempo, si pone di diritto come unico erede in Europa della commedia americana à la Billy Wilder & co e film come “Tanguy” o “Ti va di pagare?” lo confermano pienamente.
Si ride, “Giù al Nord” ma a dire il vero, quello di Boon non si può proprio definire come un film epocale. Sembra piuttosto un’ottima operazione di marketing. Un modo per invogliare la gente a visitare i luoghi visti nel film. E in questo senso e visti i continui pellegrinaggi, l’obiettivo è stato pienamente raggiunto.
Per non essere troppo critici, c’è però da dire che, in effetti, qui in Italia non potremmo mai comprendere pienamente la comicità del film tutta basata sulla parola, le pronunce storpiate, i giochi di parole.
Il riadattamento italiano, seppur riuscitissimo, riesce a darci una vaga sensazione dell’effetto originale. Riportando alla ribalta un nodo ormai centrale nella distribuzione, in Italia, dei film francesi dove la lingua diventa attore principale ed elemento essenziale della riuscita dell’opera.
Ricorda, e non vagamente, “A tempo pieno” di Laurel Cantet (quello de “La classe” per intenderci) ricco com’è di equivoci e bugie e visto che alla fin fine tema centrale del film è il lavoro: nel caso di Boon un trasferimento al nord, in quello di Cantet un vero e proprio licenziamento.
“Giù al Nord” racconta la storia di Philippe, direttore di un ufficio postale della Provenza che ne fa di cotte e di crude per farsi trasferire in Costa Azzurra là dove la splendida moglie, con cui è da un po’ in crisi, desidera vivere.
Per le sue malefatte, il destino lo sbatte nel Nord della Francia dove, il povero Philippe si trova imbrigliato in una giostra impazzita di volti, parole, sapori e abitudini a lui prima sconosciuti e a combattere clichè sul nord del paese – diffusissimi tra i francesi – covati fino ad un attimo prima di mettere piede a Bergues.
Autore: Michela Aprea