Chi ha vissuto (e amato) musicalmente gli anni ottanta non può essere rimasto insensibile ai The Go-Betweens, gruppo australiano fondato da Robert Forster e Grant McLennan.
Loro, infatti, è lo splendido “Before Hollywood” (del 1983), miscellanea di post punk, new wave, folk e art-rock con richiami anche a soluzioni prog di stampo inglese, tra i lavori più riusciti dell’epoca che si poneva come vetta tra il precedente “Send Me a Lullaby” del (1981) e il successivo “Spring Hill Fair” (del 1984), entrambi bei dischi (in vero i The Go-Betweens non hanno mai licenziato dischi brutti).
Quando sul finire del decennio, con la pubblicazione di “16 Lovers Lane” (del 1988), i The Go-Betweens, giunti nel tempo attraverso “Liberty Belle and the Black Diamond Express” del 1986 e “Tallulah” del 1987 oramai a un “rock” elegante, raffinato, con arrangiamenti curati, ma al contempo più pop e “leggero” (pregio e difetto a seconda dei casi e dei pareri; ne è esempio la celebre “Streets of Your Town”. Lo scrivente pur riconoscendone l’oggettivo “valore” – soprattutto di “Liberty Belle and the Black Diamond Express” e “16 Lovers Lane”, per gusto personale gli preferisce “Before Hollywood”), decisero di prendersi una “pausa” prima di tornare sulle “scene”, Robert Forster e Grant McLennan intrapresero una carriera solista di rispetto (di McLennan da ricordare sicuramente lo splendido “Horsebreaker Star” del 1994).
Robert Forster, seguendo una precisa linea che dal cantautorato di Bob Dylan passava per Lou Reed, attingendo al folk, al “beat”, alla new wave, al glam, esordiva come solista nel 1990 con il riuscito “Danger in the Past”; da lì una lunga produzione pluri decennale, sempre fedele alla linea, con una inaspettata “coda” in crescendo che raggiungeva ottimi livelli con i recenti “Inferno” (del 2019) e “The Candle and the Flame” (del 2023).
Ora è la volta di “Strawberries” (Tapete Records) lavoro che conferma ancora una volta l’ottima scrittura di Forster.
Apre la sostenuta “Tell It Back To Me” (in cui tornano i richiami a Bob Dylan) che conduce a “Good To Cry” in cui fa invece “capolino” un certo glam di stampo Lou Reed.
Bella e sentita è la “narrativa” ballata “Breakfast On The Train”.
Quando ha iniziato a girare “Strawberries” ho avuto la sensazione di ascoltare il compianto Michael Hurley (da poco purtroppo deceduto e autore dei due splendidi “Have Moicy!” del 1975 e “Long Journey” del 1976) suonare i The Beatles.
Girato il vinile, se da “The Rocky Horror Picture Show” è “All Of The Time”, “Such A Shame” è notturna e “intima” con richiami rock/blues/folk nel assolo finale.
Con “Foolish I Know” si torna a un folk raffinato.
Chiude “Strawberries” la perfetta “Diamonds” (in cui è nuovamente presente “forte” lo spirito di Lou Reed nella parte “lenta”) con i suoi cambi tra nuance “acustiche” e abrasioni ruvide di fiati, per un disco che certifica l’immutabile cantautorato di qualità a firma Robert Forster.
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