Il quarto disco di Ivan Francesco Ballerini ci trasporta in una dimensione sognante, astratta dalle miserie della quotidianità, con un forte piglio acustico cantautorale in cui l’arpeggio di chitarra svolge un ruolo evocativo e trascinante.
L’ ‘Overture‘ iniziale ci introduce in questa dimensione esistenziale ed onirica, mentre ‘La Guerra è Finita‘, che dà il titolo all’album, è in qualche modo un brano manifesto dell’intera poetica di Ivan Ballerini, con una lirica rielaborazione della memoria attraverso l’emozione ed il miracolo della musica; l’impressione infatti è che Ivan Ballerini provi a far brillare comunque, oltre l’orrore della guerra, la bellezza della vita, degli incontri, degli affetti, ma anche di come la memoria, quando diviene canzone, possa cristallizzare e sublimare le cose belle, facendone nutrimento per l’anima, aldilà del tempo e dello spazio.
In ‘Tra le Dita‘ poi troviamo conferma di questo straordinario potere della memoria, e scopriamo che nella rielaborazione lirica, essa porta con sé anche un dono consolatorio: la capacità di accettare che ogni cosa è destinata prima o poi a finire.
‘Tra Bombe e Distruzione‘ e ‘Linea d’Ombra‘ offrono due inquieti, tragici bozzetti sul tempo che passa, in un Mondo che ci trascina nelle spire incontrollabili della disgregazione, a cui le giovani protagoniste, costrette a crescere in fretta, oppongono la propria innocenza, la civiltà ed i sogni.
In ‘Sulle Pietre del Mondo‘ troviamo un riflessione prima di tutto filosofica sul ruolo dell’artista, che dona al Mondo, al prossimo, uno sguardo nuovo, diverso, fatto di armonia e spirito, mentre più che altrove emergono riferimenti stilistici ed espressivi di Ballerini: sicuramente il De Andrè della fase Vol.8/Rimini/L’Indiano, magari i Fossati e Concato dello stesso periodo. Questi temi trovano spazio anche altrove, ad esempio in ‘Vestire di Parole‘ ed ‘Il Mondo Aspetta Te‘, che appunto provano a spiegare il miracolo e l’esorcismo di raccontare la vita in una canzone.
Spicca poi ‘Perché Mai‘, bellissimo duetto sentimentale, episodio estremamente personale.
Vogliamo definire ostinata – qualcuno direbbe rivoluzionaria – la scelta, oggi, di rimanere fedeli ad un certo modo di fare musica intimista, riflessiva, che provi a contrastare caos, frenesia e solitudine imperante accendendo un faro sull’interiorità, appellandosi ai sentimenti condivisi. La densità dei concetti poi, unita alla suddetta forma, può magari spiazzare, ma il disco piano piano ammalia e conquista, ritagliandosi un posto importante tra i lavori italiani puramente cantautorali degli ultimi anni.
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