Tira un’arietta, uhhmmm, dalle parti del mondo di celluloide. Esce in questi giorni “Shortbus” di John Cameron Mitchell, vietato ai minori di 18 anni, con scene di sesso esplicito e tanta voglia di raccontare una storia post 11 settembre in cui gli amplessi più giocosi non siano tagliati o farsescamente allusivi come nei blockbuster americani ma anche europei, eccetera. Ci avete fatto caso? Sono quei film, tutti i film, anche belli intendiamoci, dove la ragazza nel letto, prima e dopo l’amore, è coperta da un lenzuolo proprio fino ai capezzoli; oppure lui, ipoteticamente nudo, è scoperto solo nella parte addominale (tanto che il regista gli ha detto che può anche tenere su i jeans durante la scena di “sesso”, tanto dalla cintola in giù non riprende).
Ma – detta tra noi – è proprio dall’attenzione alla “censura” di questi dettagli che la furia di porno si scatena nello spettatore medio. Se tutto fosse “Shortbus” – o estremizzando Russ Meyer – l’amore sarebbe vissuto in maniera oggettivamente naturale e questo stimolerebbe poco i consumi (avete presente la catena brama di sesso-cibo-fame-spendere?).
Ma oltre al lavoro di Mitchell, che in questi giorni tantissime multisale non programmano, il mercato, il piccolo mercato, quello underground di bocca buona, saluta “Pornology New York” il lungometraggio-documentario di Michele Capozzi, teorico della pornologia e regista.
Un italoamericano che ha vissuto la godereccia stagione pre-Aids della Grande Mela, quando al mitico Studio 54 ne succedevano di tutti i colori. Ne ha un po’ di nostalgia e perciò ha girato questo doc “politico” e d’opposizione al non-si-può anni 2000 che ha ghettizzato il sesso esplicito nei sexy shop e sui canali tv a pagamento. Un doc anche nostalgico che intende preservare la memoria di un periodo attraverso le immagini, i locali storici della vita underground newyorkese come Hellfire e Fuckfactory, chiusi da tre anni.
Capozzi, nato a Genova, in un’intervitsa rilasciata ad Eleonora Bianchini, spiega:”La sessualità è talmente sacra e coinvolgente da creare ancora imbarazzo. Il rifiuto di alcuni esercenti per la proiezione di Shortbus ne è la prova. Tecnicamente i contenuti porno dei due film sono simili, a parte un paio di scene più hard in Pornology. In ‘Shortbus’ il sesso è vero, non mi stupisce il desiderio di censura. Anche per ‘Ultimo tango a Parigi’ c’erano stati problemi”. Bertolucci avanti di 35 anni o tutte le Commissioni Censura istituzionali hanno qualche disfunsione provocata dagli anni di catechismo (e di confessione prima dell’eucarestia)?
Autore: Sandro Chetta