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“There Is No Space for Us”: non c’è più spazio per gli Hawkwind?

di Marco Sica
30 Aprile 2025
in Recensioni
Tempo di lettura: 7 minuti
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Non c’è più spazio per gli Hawkwind? Proviamo a dare una risposta a questa domanda.

Premessa
Mi trovavo a Berlino ed erano ancora vivi i segni della caduta del muro; lungo una delle vie che costeggiano il Großer Tiergarten alzai dapprima lo sguardo su, verso la cima della Siegessäule, alla ricerca di qualche angelo da “Der Himmel über Berlin” poi, dopo averlo volto verso  terra, ad un mercatino di vinili, nel cercare per “assonanza” di luoghi “From Her to Eternity” dei Nick Cave and the Bad Seeds, vidi con sorpresa ed acquistai con gioia una ristampa inglese del 1981 di “Space Ritual” degli Hawkwind, un disco che ho sempre amato tantissimo. Quando  tornai a Berlino anni dopo, correva il 2006, ricordo che era in corso la demolizione dello storico Palast der Republik che aveva ospitato la Volkskammer, il parlamento della RDT.

Lo “Space Ritual”
Titolato anche “The Space Ritual Alive in Liverpool and London”, il doppio LP raccoglieva delle magistrali esecuzioni live (“Born To Go”, “Down Through The Night”, “Lord Of Light”, “Brainstorm”, “Time We Left This World Today”, “Master Of The Universe”…) catturate al Liverpool Stadium il 22 dicembre del 1972 e al Brixton Sundown il 30 dicembre del 1972.

“Space Ritual” chiudeva con impressionante energia la loro migliore produzione contenuta nei due precedenti ed eccelsi dischi “In Search of Space” (del 1971) e “Doremi Fasol Latido” del 1972 che di fatto avevano dato vita e codificato alla perfezione lo “space rock”; “Space Ritual” vedeva, poi, al basso Lemmy Ian Kilmister presente anche in “Doremi Fasol Latido” e che aveva lasciato già il segno come chitarrista nello splendido e seminale “Escalator” del 1969 a firma Sam Gopal e che poi raggiungerà la fama con i suoi  “Motörhead”. Oltre ai citati brani, memorabili ancora “You Shouldn’t Do That” (da “In Search of Space”) e i singoli “Silver Machine” (del 1972) e “Urban Guerilla” (del 1973); particolarmente legato sono poi alla ballata “We Took the Wrong Step Years Ago” (sempre da “In Search of Space”). Da precisare che del 1970 è il loro LP omonimo d’esordio contenente già spunti interessanti quali “Be Yourself”, le due “Paranoia”, “Seeing It as You Really Are”, “Mirror of Illusion”.

Nell’arco del biennio 1971/1972 gli Hawkwind inchiodarono ad una croce rock e viscerale quanto poi in termini di “space rock” riusciranno a fare meglio solo i Gong con il però più artistico e progressive “Flying Teapot” (del 1973) e la scena tedesca con la mirabile “Kosmische Musik” (andrebbe qui aperto un interminabile capitolo “dedicato” avendo prodotto la corrente musicale tedesca dell’epoca quanto di meglio la musica dei primi anni settanta – e non solo – abbia visto); per dovere di cronaca da citare per annata e per alcune intuizioni, in tema space-progressive, anche il meraviglioso “Space Shanty” (del 1972) dei Khan di Steve Hillage, più vicino però al Canterbury sound che a un vero “space rock” e per “blasone” “Interstellar Overdrive” dei Pink Floyd, che nella sua psichedelia di fine anni sessanta si proietta nello “spazio”.

Con il 1973 si conclude il miglior periodo degli Hawkwind che comunque continueranno a pubblicare dischi nella “media” con particolare interesse fino al 1977, per poi evolversi nel tempo spostando l’asse del loro “space” dal rock (comunque sempre presente come ossatura) a una dimensione più “cosmica” dimostrando di essere sebbene spesso “anacronistici”, ottimi musicisti fedeli al loro credo.

Dal 1974 al 1977
Del 1974 è poi “Hall of the Mountain Grill” che vede l’uscita di Robert Calvert (a suo nome pubblicherà gli interessanti “Captain Lockheed and the Starfighters” nel 1974 e “Lucky Leif and the Longships nel 1975) e l’ingresso di Simon House (membro degli storici High Tide con cui ha inciso due dischi di culto “Sea Shanties” del 1969 e “High Tide” del 1970). “Hall of the Mountain Grill” contiene le belle “The Psychedelic Warlords (Disappear in Smoke)”, “D-Rider” oltre a “You’d Better Believe It” e “Paradox”, entrambe registrate dal vivo il 26 gennaio del 1974 al Edmonton Sundown.

Del 1975 è invece “Warrior on the Edge of Time” che mantiene alto il livello con  “Assault and Battery – Part One/The Golden Void – Part Two”, “Magnu”, “Kings Of Speed”; da citare anche il singolo “Motorhead” non a caso di Lemmy Kilmister che poi sarà l’apertura dell’omonimo disco dei Motörhead del 1977.

Ciò che accadrà successivamente al 1974 si perde nei meandri di una mutevole discografia interminabile (giunta con continuità sino ad oggi) e di ripetuti cambi di formazione con abbandoni (Nik Turner, Robert Calvert, Lemmy Kilmister …) e ritorni (come quello di Robert Calvert) e con il solo Dave Brock a restare sempre alla guida dell’astronave, cambi di formazione che vedranno anche l’ingresso nel gruppo di musicisti quali Ginger Baker alla batteria e di Tim Blake alle tastiere per “Levitation” del 1980 (bello il brano eponimo); sono da menzionare, in ogni caso, quantomeno anche i successivi dischi “Astounding Sounds, Amazing Music” del 1976 (con “Reefer Madness”, “Steppenwolf”, “Kerb Crawler”) e “Quark, Strangeness and Charm” del 1977 (con “Spirit of the Age”, “The Days Of The Underground”, “Hassan I Sahba”…) ciò in ragione di un maggior avvicinamento a sonorità elettroniche tedesche (considerazione che tornerà utile nella nostra trattazione di “There Is No Space For Us” per l’uso dei sintetizzatori; si ascoltino ad esempio “City of Lagoons” da “Astounding Sounds, Amazing Music” e “The Forge of Vulcan” da “Quark, Strangeness and Charm”).

“There Is No Space for Us”
Gli Hawkwind ci avevano salutato con il megalitico triplo “Live At The Royal Albert Hall” del 2024 contenente, oltre a brani storici degli anni settanta quali “Master Of The Universe”, “Spirit Of The Age”, “Brainstorm”, “Born To Go”, “Assault And Battery/The Golden Void”, “Psychedelic Warlords”, “You’d Better Believe It”…, anche recenti composizioni come “Rama (The Prophecy)” e “The Beginning” (da “The Future Never Waits” del 2023) e “Underwater City” (da “Stories from Time and Space” del 2024).
 
Oggi, in formazione composta da Dave Brock (guitar, keys, synths, vocals), Richard Chadwick (drums, percussion, vocals), Doug MacKinnon (bass), Magnus Martin (guitar, keys, synths, vocals),Thighpaulsandra (keys, synths), gli Hawkwind hanno dato alle stampe, nel 2025, per la Cherry Red Records “There Is No Space for Us”.

In precedenza si è accennato a come nel tempo la matrice “rock”, sebbene sempre presente come ossatura, abbia lasciato spazio a una visione più “cosmica” con un utilizzo dei sintetizzatori più affini a una “timbrica” teutonica; sul sito della Cherry Red Records (consultato il 20.4.25) si legge: “Blending hypnotic rhythms, immersive synths, and driving guitar riffs, There Is No Space For Us takes listeners on an interstellar voyage from the synth laden thunderous opening track There Is Still Danger There to the eerie, atmospheric depths and outstanding heights of Space Continues (Lifeform)”.

Messo il disco sul piatto “There Is Still Danger There” è, nell’incipit, una chiara dichiarazione d’amore alla Kosmic Music prima che l’antica anima rock prenda il sopravvento in una doppia veste tanto dura quanto di ballata.

Con “Space Continues (Lifeform)” è ancora Kraut con una “Lifeform” da The Future Sound of London.

Di livello è la sentita e tirata “The Co-Pilot” che, con il suo “falso” inizio acustico e una splendida linea vocale, chiude un primo lato di tutto rispetto.

Girato il vinile, “Changes (Burning Sons and Frozen Waste)” sebbene picchi, fa un passo indietro rispetto a “The Co-Pilot”.

“There Is No Space For Us” mostra un’anima space-country-folk, ottima come colonna sonora per il film “Cowboys & Aliens” o per un duello di Cad Bane nella serie The Book of Boba Fet.  

“The Outer Region of the Universe” è ponte di Einstein-Rosen per la potente “Neutron Stars (Pulsating Light)”, graffiata dai sintetizzatori e che con the “The Co-Pilot” fa giusta coppia.

In chiusura una più “leggera” e sognante “A Long Long Way From Home”.

Di pregio (nell’edizione in vinile) la versione live della torrenziale “Practical Ability” e di “Second Chance”.

Terminato l’ascolto si può concludere che a dispetto del titolo ci sia ancora spazio per la musica degli Hawkwind.

A differenza, infatti, di altri gruppi a loro coevi per nascita, gli Hawkwind hanno proposto un genere meno ancorato e legato a doppio filo con un peculiare periodo storico come può essere per il rock progressive sinfonico, basando inoltre la loro formula su improvvisazioni e su un’anima rock che conferisce un’atemporalità al tutto.

Sicuramente non hanno avuto la capacità di mutare nei decenni con qualità come hanno fatto i King Crimson, ma è indubbio che la loro musica sia sincera e si faccia ascoltare sempre con piacere.  

https://www.hawkwind.com/
https://www.facebook.com/HawkwindHQ
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