Si direbbe una band americana. Dedita a quella che, in gergo critico-musicale (di lì), viene definita, con identica dizione, “americana”. Folk. In diffusione esponenziale, se non quasi incontrollata. Dai Califone a Jason Molina a Will Oldham ce n’è di tutte le sfumature, e senza contare gli estremi della rock attitude dei country-longhairs o degli arcaismi bluegrass.
Altri elementi mi fanno invece propendere per la nazionalità britannica. La qual cosa conferma appunto la macchia d’olio in costante allargamento di questo “mondo”. Anche al di fuori dei propri naturali confini geografici (d’altra parte non ci eravamo forse occupati il mese scorso dei Satellite Inn, country-rock band nostrana?), anche in una terra che il suo, di folk, ce l’ha già e con predecessori dalla fama non proprio terzomondista (anche se lontanucci nel tempo).
Sì, aggiudicato, sono proprio britannici. Con una dedica particolare al Messia, soggetto ispirazionale non solo del cosiddetto christian-rock, ma anche di folks “indipendenti” – quelli emancipati dallo zoccolo sudista della destra americana che fa della Bibbia un caposaldo del proprio sistema di valori – come la Danielson Famile, tanto per citare un esempio. E sì, i 7 brani di questo mini-album (meno di mezz’ora) non sfigurerebbero nell’ambito di una funzione religiosa (sempre di “quelle” parti), così scarni nella strumentazione di cui si avvalgono (assente il violino, mannaggia, defilato il banjo, forti dubbi sulla presenza di un contrabbasso) eppure, in alcuni casi (‘Mother o’ Jesus’, ‘Walking Back to Jesus part 2’), così “scoppiettanti”. Per il resto una cover dei Neutral Milk Hotel (‘The King of Carrot Flowers parts 2 and 3’) e un suggestivo, ma non troppo, passo indietro nel tempo. Niente di imprescindibile, perchè nasconderlo?
Autore: Bob Villani