di Silvio Soldini, con Pierfrancesco Favino, Alba Rohrwacher, Giuseppe Battiston, Teresa Saponangelo, Fabio Troiano
Una storia di corna. Fin qui tutto bene. Il punto debole sta nella banalità. Il punto forte sta nell’universalità del tema. Altro (s)punto interessante è la resa della quotidianità nel tradimento impossibile. Lui (Favino) moglie e due figli, lei (Alba Rohrwacher) convive con un giuggiolone (Battiston) tutto casa e frittatine. Si incontrano, si piacciono assai, ma l’è dura.
Per dare speditezza a un film altrimenti mollo Soldini ha messo la paprika sul culetto ai montatori. Immagini girate con la macchina a mano vengono sfilzate come un taglio di capelli emo. Le sequenze dei due amanti nei rispettivi habitat mixate e rigirate veloci. Sono tasselli di un cubo di rubik. Un attimo di tregua si ha solo col buio netto, separè di edizione tra i vari “capitoli” emozionali della vicenda. Se da una parte la scorrevolezza può giovare alla godibilità dell’opera dall’altra impedisce di far riposare il dramma. I vuoti e le attese durano dieci secondi l’una, mezza sequenza. La catarsi si squaglia al calore degli squilli di cellulare.
Anche se la Rorchwacher, sempre più paladina dei cineasti tricolore, riesce a dosare il pathos meglio di Favino, che solidifica il suo Domenico come un biscotto di Castellammare. Infine, il sesso. I due fanno all’amore e chi guarda dice vabbè abbiamo capito, state scopando. Soldini non è morboso, questo no, ma un pizzico si compiace come tutti i registi non abituati al softcore (pensate a Von Trier per cui gli attori sono sempre nudi pure coi cappotti addosso). I corpi esultanti (approposito, mica male la “bruttina” Rohrwacher nude look) ridanno senso a due vite di periferia. Finale aperto, buono per scambiarsi ancora due opinioni prima di uscire dalla sala e preoccuparsi del tempo che fa.
Autore: Alessandro Chetta