I Pennelli di Vermeer li avevamo lasciati un paio di anni fa all’ep Tramedannata, con quel loro cantautorato prog che li distingueva dalla massa delle nuove generazioni rock italiane. Postmoderni li definimmo, per il loro mescolare alto e basso, per l’unione di testi complessi a filastrocche più semplici (ma non più facili).
Di strada ne stanno facendo, soprattutto grazie al grande impegno live che li ha portati, l’estate scorsa, ad aprire il concerto di Pino Daniele a Piazza del Plebiscito a Napoli; una cornice di primo piano.
Dopo due anni, questi ragazzi della provincia di Napoli (Pasquale Sorrentino alla voce e chitarra acustica, Giovanni Santoro al basso, Raffaele Polimero al pianoforte, organi e synth, Pasquale Palomba alla chitarra elettrica e Marco Sorrentino, voce e batteria), tornano con un album, “La primavera dei sordi” pubblicato dalla napoletana La Canzonetta e lo fanno riprendendo e sviluppando quello che avevamo sentito nell’ep precedente.
Già dalla prima canzone si capisce quale piega prenderà l’album. Tre cadaveri nel cassetto, la canzone che apre l’album, è una filastrocca cantabilissima che, con una base diversa sotto, non esiteremmo a pensare che potesse essere uscita dalla testa di Capossela (artista che in alcuni passaggi sembra vicino ai Pennelli). L’idea di divertirsi, raccontare quello che gli succede attorno, è alla base del progetto e farlo con spunti interessanti, ma senza prendersi mai sul serio, deriva anche dal loro amore più volte dichiarato per De Andrè di cui, nell’ep precedente, fecero la cover di “Princesa”, canzone che potrebbe farvi ben capire verso quali lidi navigano; senza contare Gaber, al quale devono una promessa non mantenuta. Quando presentarono Tramedannata, infatti, avevano promesso una cover di Gaber nell’album seguente, ovvero…questo. Ma l’avranno tenuta per il prossimo.
Meno prog del precedente, nonostante la bella L’urlo, in cui possiamo ascoltare la voce di Lino Vairetti, storica voce degli Osanna, uno dei gruppi che il prog lo ha esportato nel mondo, La primavera dei sordi si fa forte della caratteristica voce di Sorrentino, che scrive anche tutti i testi, e che oggi vira verso un suono più morbido (si veda ad esempio Nel giardino di Belzebù, con la voce di Stefania Aprea), rafforzando sempre più la componente folk delle proprie musiche.
È un buon album, questo, con qualche calo fisiologico (Manifesto 70×100 non ci convince al massimo, soprattutto nel testo) che non compromette il risultato finale di piena sufficienza. Se avete curiosità di capire cosa è il cantautorato prog-folk, o il rock pittorico, come lo definiscono gli stessi Pennelli, ascoltate quest’album.
Autore: Francesco Raiola