Sono anni che continuo a chiedermi qual’ è il segreto della longevità artistica dei Fleshtones. Una delle poche band che, col passar degli anni, invece di perdere smalto e freschezza continua a sfornare prove eccellenti con una vitalità tale da far impallidire un gruppo di ventenni. Già il precedente “Do You Swing?” (Yep Roc, 2003) confermava lo stato di grazia della formazione guidata da Peter Zaremba e Keith Streng, che adesso ritorna a colpire con un nuovo dirompente lavoro: “Beachhead”. Registrato per metà da Jim Diamond ai suoi Ghetto Recorders in quel di Detroit, e per metà da Rick Miller in North Carolina, il disco è l’ennesimo concentrato della gioia di vivere tradotta in musica che fa dei Fleshtones un gruppo unico. Forse il segreto che sta alla base della loro formula è proprio questo: i Fleshtones si divertono ancora come matti, e riescono a divertire e coinvolgere nuove generazioni di fans a quasi trent’anni dai loro esordi al CBGB’s. “Beachhead” non fa eccezione: in poco meno di mezzora il quartetto della Grande Mela mette in fila undici episodi di esplosivo “Super Rock”, vale a dire la fantastica mistura di 60’s-garage, beat e rock’n’roll che i Fleshtones hanno messo a punto per regalarci attimi di divertimento puro ed energia sfrenata. Già l’iniziale “Bigger and Better” ci fa intuire che ci troviamo di fronte ad un ennesimo party sonoro, di quelli che farebbero smuovere – e ballare! – pure i sassi. Se poi i brani che seguono hanno un tiro pazzesco come “Pretty Pretty Pretty”, “I Want The Answers”, “I Am What I Am” c’è poco da fare, se non farsi trascinare dallo tsunami di buone vibrazioni che “Beachhead” trasuda da ogni solco. Fatevi un regalo: recuperate questo disco e suonatelo a tutto volume, con buona pace dei vicini!
Autore: Roberto Calabrò