Si può lanciare un album, il settimo per la precisione, Rock Star Shit, raggiungere l’apice del successo nonostante la scelta di non fare campagna promozionale, avere il riscontro positivo della critica, e poi andare in crisi per tre anni? Se sei una band fatta tutta di fratelli, sì, come i Gallagher insegnano.
Ma qui non si è trattato di lite interna, ma di problemi con il manager: una storia che la discografia rock conosce dai tempi di Springsteen. Sono infatti gli stessi fratelli Garman, Gary al basso e voce, Ryan alla chitarra e voce e Ross alla batteria, ad ammettere che “è una storia classica, la apprendi in qualsiasi biografia musicale di scuola ed è sempre: oh, non avevamo realizzato cosa succedeva e ora sappiamo che le nostre canzoni appartengono a qualcuno altro, e tu non riesci a credere che stia accadendo perché è proprio un cliché. Ma essenzialmente, è quello che è accaduto a noi”.
Licenziato dunque il manager, i Cribs entrano nel 2017 in una crisi senza uscita, che li stava portando quasi ad abbandonare del tutto la musica.
Poi la svolta nell’estate 2018. Dave Grohl invita i Cribs a fare da supporter al concerto dei Foo Fighters al Manchester’s Etihad Stadium. I tre fratelli, lontani 5000 miglia, si radunano per partecipare al concerto, e dopo Dave propone loro di usare lo studio leggendario 606 di Los Angeles (lo studio privato dei Foo) per registrare il nuovo disco: “lasciate perdere tutta la roba di business, e registrate da me un nuovo disco!”. Era il 2019, i Cribs accettano, ed ecco adesso Night Network, il disco della rinascita. pubblicato con la regina delle etichette della musica indipendente, PIAS music.
Per l’occasione, nel primo singolo I Don’t Know Who I Am la band ritorna con Lee Ranaldo alla chitarra, l’ ex Sonic Youth che ha contribuito con delle parti di spoken word all’amato brano del 2007 Be Safe.
L’album non tocca le tematiche della rabbia e della disperazione che hanno caratterizzato tanti mesi dell’ultimo triennio della band. Soltanto nella prima traccia, Goodbye, c’è un addio malinconico e soffuso, alla maniera più tipica dei Cribs, al brutto periodo, che lascia poi spazio a Running to You, eccitante, con intro di batteria e chitarra dinamicissimo, chiaramente annunciante la voglia di ricominciare daccapo, e seguita da altro pezzo dal rock lanciato e serrato, Screaming in Suburbia.
Il singolo poi affronta la tematica della paternità, riprendendo il tono melodico e vagamente fifties di Goodbye ma in realtà di molta parte della discografia dei Cribs, che forse dopo i Glasvegas sono la band indie che più ha esplicitamente citato certe sonorità degli anni ’50 e ’60.
Questo tratto si avverte anche in Night Network, non solo nei pezzi citati, ma in tutto il disco, che rispetto agli ultimi è certamente il disco più tipicamente Cribs.
Indie, melodico, sempre dolcissimo anche quando rock, questo Night Network è praticamente un’antologia sublimata di quello che sono i Cribs, con tutti i pregi e tutti i limiti della band.
Pregi, anzitutto: un suono fresco, giovanile, gagliardo, vivo e divertente, come oggi solo i Two Doors Cinema Club possono avere nell’universo indie. Ma con in più il marchio di fabbrica Cribs: quell’essere romantici, melodiosi (viene quasi da dire melensi), come per esempio in The Weather Speaks Your Name.
I limiti poi: che sono proprio quelli di non riuscire ad andare oltre il loro sound. Ammesso che sia un limite, è l’unico che possiamo rimproverare alla band, che stavolta ha anche prodotto per la prima volta in disco in autonomia, con l’engineering di James Brown (Foo Fighters, Arctic Monkeys), e il mix di John O’Mahony (già presente nei precedenti Men’s Needs, Women’s Needs, Whatever e For All My Sisters), e lo ha reso più Motown che mai, e anche se forse non troverete una canzone che vi rimarrà impressa sulle altre, troverete però i Cribs in gran forma, la loro assoluta solida e volutamente unica forma, quella di una band dal suono essenziale, rock senza frivoli, senza elettronica, e orgogliosamente indie come agli esordi.
autore: Francesco Postiglione