Trio jesino, attivo già da alcuni anni, i Vel si sono finalmente decisi a registrare una parte dei brani che avevano nel cassetto. A supervisionare il lavoro è stato chiamato un produttore d’eccezione Fabrizio Magistrali, che è stato molto attento a mantenere integra l’attitudine schizzata e variegata del terzetto.
Chi scrive recensione spesso ha l’arduo o facile (a seconda dei casi) compito di definire il genere del disco di cui sta scrivendo. Ebbene, se nel 95% non ho avuto problemi a definire il genere, questo esordio dei Vel, fa parte del restante 5%. Per comodità vi dico che fanno un nosie estremamente contaminato e bastardo.
I sette brani del disco, infatti, si dipanano prima di tutto tra i deliri del cantante chitarrista Francesco, ben sostenuto da una base ritmica martellante e costante, e poi tra le chitarre geometriche in chiave math-rock (“5° incontro”), le incursioni nel jazz-core screziate da ipnotismi degni dei Six Minute War Madness più estremi (“Estivo”), vaghi echi di new wave anni ’80 (“Ottava”) le schizofrenie in stile De Dyoniso di “Chip.
Vi è chiaro adesso che tipo di musica fanno i Vel? No? Non preoccupatevi neanche a me, a questo punto l’importante è lasciarsi andare all’ascolto di questi ricchi ed intrigantissimi brani che se da un lato hanno il difetto di essere troppo pieni, dall’altro hanno il raro pregio di esaltare e di incuriosire.
Autore: Vittorio Lannutti