La Sub Pop continua a dimostrare grande vitalità, e può essere considerata tutto sommato ancora un’etichetta alternative, dal momento che proseguea incessantemente e coraggiosamente a lanciare esordienti sconosciuti: ad occhio e croce, circa una decina l’anno. Daniel Martin Moore da Cold Spring, nella campagna a Sud di Cincinnati, sul confine tra Kentucky ed Ohio, c’ha la faccia da bravo ragazzo, e addirittura un passato da volontario nei Corpi della Pace in Camerun, ed è un cantautore folk acustico, le cui esili canzoni “da viaggio”, bozzetti in tono minore, in tutto 11 pezzi, spesso sono eseguite solo con la sua voce e la chitarra acustica, talvolta invece accompagnate da pianoforte e batteria, o violino, mandolino, ed in due tracce c’è una voce femminile per il coro, ma sempre con arrangiamenti delicatissimi. Tra le canzoni voce/chitarra, c’è anche ‘Who Knows where the Time Goes’, cover dell’indimenticabile Sandy Denny, e proprio questo particolare ci fa notare come Moore sembra rifarsi più al bucolico, elegante e rilassato folk britannico dei 70, che non ai suoi oscuri, contemporanei americani: Bonnie “Prince” Billy, Devendra Banhart, Bill Santen. Malinconico, tenero, si, ma nient’affatto deprimente, Moore sembra stia suonando per pochi amici, quando la festa è finita e quasi tutti sono andati via; ma chissà se sia in grado di tenere il palco per tre quarti d’ora mantenendo l’attenzione del pubblico, con un repertorio così scarno e lento: ci vuole esperienza. Sa suonare, ad ogni modo, le sue trame semplici semplici per chitarra, e canta bene, con lirismo e gusto folk, dimesso. Ed in repertorio ha anche un paio di canzoni di valore: una si chiama ‘Where we Belong’, e penso che Alasdair Roberts, o Ray Lamontagne – musicisti in ogni caso una spanna e mezzo più in alto – non avrebbero saputo comporla meglio. L’altra può essere ‘That’ll be the Plan’, con accompagnamento, molto in stile Sodastream.
Autore: Fausto Turi