Probabilmente avrete sentito parlare di Paul Corley se seguite gli artisti più conosciuti del giro Bedroom Community come Ben Frost o Tim Hecker, con cui il compositore ed ingegnere del suono americano ha collaborato.
Questo suo debutto solista, meglio dirlo fin da subito, non è rivolto a chi nella musica cerca evasione e disimpegno poiché dischi come Disquiet cercano la vostra attenzione totale, il vostro tempo, la vostra capacità di ascolto e di immaginazione, la vostra voglia di abbandono e la presenza assoluta di tutti i vostri sensi.
No, non è una seduta di psicoanalisi (alcuni albums fan meglio..), son ‘semplicemente’ quattro lunghe e lente riflessioni in uno spazio inesistente, irreale quindi metafisico eppure in qualche modo concreto come lo sono i sogni nel momento in cui li sognate.
Per chi cerca un appiglio tecnico atto alla comprensione di questo ossimoro gli basti sapere che si tratta di variazioni su piano preparato su una base di fields recordings quasi sicuramente artificiali che non sfociano mai nella violenza ambientale di certa drone-music.
Il rumore di fondo traslato in visione è quello di una foto sgranata, non necessariamente vecchia ma sicuramente remota, proveniente da certi recessi dell’anima molto oscuri perché non vedono mai luce.
Del resto trattare l’inquietudine – nell’arte in generale e nella musica in particolare – non è cosa semplice poiché occorre una pazienza notevole nel cogliere (poi realizzare strumentalmente) tutti i minimi spostamenti emotivi racchiusi in questo sentimento complesso (e la stessa difficoltà è riservata a chi ascolta).
Paul Corley ci riesce bene quando tratteggia l’ansia, la successiva resa ad essa, l’attesa, la paura, la speranza e tutte quelle figure blu ectoplasmatiche che allungano le braccia per prenderci nella nostra caduta libera in slow motion, al buio, sulle pareti ghiacciate della nostra mente.
Musiche queste ritenute ‘difficili’ perché obbligano a guardarsi dentro e a fare i conti con tutto ciò che preferiamo rimuovere ma la quiete, la calma che segue i passaggi più impervi saprà ripagarci.
Autore: A. Giulio Magliulo