Tempo fa iniziai a leggere Mahmoud Darwish, le sue poesie, le sue opere in prosa …
“Una giovane soldatessa mi ha bloccato chiedendomi della mia bomba e della mia preghiera. Mi sono scusato dicendo: “Non combatto e non prego”. “Perché sei venuto a Gerusalemme allora?”. “Per passare tra la bomba e la preghiera, a destra macerie di guerra, a sinistra macerie di Dio, ma io non combatto e non prego.” “Cosa sei?”. “Un biglietto della lotteria tra la bomba e la preghiera.” “Cosa ci faresti? Cosa faresti se vincessi?”. “Comprerei un colore per gli occhi della mia ragazza” (da Una Trilogia Palestinese di Mahmoud Darwish).
Fu così che m’interrogai sul perché scrivere … perché scrivere poesie quando si è vittime di condizioni “inumane” (come per il poeta Palestinese).
Probabilmente perché da sempre l’uomo ha dato voce alla propria coscienza, alle proprie idee attraverso l’arte per mantenersi vivo, per dare senso alla vita stessa. La scrittura diviene, quindi, vita e coscienza e assume particolare forza quando rappresenta la voce di popoli oppressi che, malgrado i dolori e le distruzioni delle guerre e dei regimi, riescono comunque ad “estrarre poesia dai detriti” (come cantato da un caro amico).
Su questa matrice è improntata “In guerra non mi cercate – Poesia araba delle rivoluzioni e oltre” (Le Monnier Università), antologia a cura della professoressa di lingua e cultura araba Elena Chiti, della professoressa e docente di traduzione dall’arabo Francesca M. Corrao e della ricercatrice e del ricercatore di lingua e letteratura araba Oriana Capezio e Simone Sibilio che – come si legge nella prefazione – “riunisce alcune tra le voci più significative della poesia araba contemporanea che hanno preso parte, con i loro versi e le loro opinioni, ai dibattiti politico-culturali innescati dalle rivolte scoppiate a partire dal 2010 … Il libro intende offrire una mappatura della nuova espressione poetica rappresentativa di questa fase della storia del mondo arabo. Non si limita pertanto ai Paesi investiti dall’ondata rivoluzionaria, ma adotta una prospettiva più ampia, considerata la portata transnazionale di gran parte dei processi di trasformazione e dei conflitti in corso nella regione … Il sottotitolo Poesia araba delle rivoluzioni e oltre vuole rendere conto dell’indubbio valore testimoniale dei testi legati alla scintilla rivoluzionaria e alle sue ripercussioni, ma anche suggerire l’intento di superare il discorso meramente politico, aprendosi alle molteplici prospettive ed estetiche che rendono il paesaggio poetico arabo attuale sempre più variegato e complesso”.
“Prendimi per mano Sara
Prendimi per mano Sara,
sono cieco, non vedo
ogni volta che dal tuo palmo si leva il profumo dell’erba tostata, mi viene da piangere.
Prendimi per mano, tu che conosci le erbe!
Sono bambino e non so
mi tremano le gambe
quando ti chini su di me
e, senza volere, davanti ai miei occhi oscillano liberi i tuoi seni.
Non conosco la strada per Aleppo
Prendimi per mano Sara,
mia madre dorme
mio padre l’ha preso il fiume
ed io non ho sogni per dormire.
I miei fratelli, i tessitori li hanno portati ad Aleppo.
Mi hanno lasciato qui ad annunciare a mia madre, al suo risveglio, che il fiume ha preso mio padre,
i tessitori hanno preso i miei fratelli
e lei è morta.
Prendimi per mano Sara
è giunta la notte
il fiume, ora, è dietro di noi
ed io non conosco la strada per Aleppo”.
(Da “Non conosco la strada per Aleppo” di Ghassan Zaqtan)
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Il luogo è illuminato dal ricordo
“Alle nostre case nell’assenza dopo la guerra e l’abbandono”
1
Tristezza è
visitare le rovine di casa tua in sogno
e fare ritorno senza polvere sulle mani
2
Delicatezza è
innaffiare i fiori appassiti
nel giardino dei vicini
perché quelli di casa tua sono morti secchi sotto le bombe
3
Distanza è
geografia della sopraffazione
che separa città lontane mille miglia
in una lasci i panni sul filo del bucato
nell’altra tendi la mano al vento
per raccoglierli.
4
Alla mano sospesa sul campanello della vecchia casa
chi può dire
“Le case non sono di chi le ha lasciate”.
(Widad Nabi)
“Quattro saggi critici all’inizio del volume ripercorrono l’evoluzione storica della poesia e della poetica araba moderna, delineando alcune delle tendenze più significative emerse nell’espressione degli ultimi anni, sia dal punto di vista tematico che stilistico.
Il saggio a cura di Francesca M. Corrao traccia il percorso della poesia araba moderna, illustrando il discorso politico che ne ha forgiato l’espressione nel corso del Novecento.
Oriana Capezio ricostruisce le forme della poetica araba in un’ottica diacronica, mettendo in evidenza le linee di continuità dell’attuale produzione con il passato, per poi focalizzarsi sul dato storico che la poesia araba trasmette.
Elena Chiti esamina le immagini di queste poesie. Sottolinea i frequenti riferimenti al mondo animale e naturale, al tempo stesso in continuità e in rottura con la tradizione poetica araba.
Simone Sibilio indaga la nuova produzione in un’ottica spaziale, distinguendo tra la poesia ‘rivoluzionaria’ che celebra lo spazio simbolico e pubblico, e la più recente espressione segnata dal trauma dei luoghi perduti e della cancellazione del paesaggio, ma anche dalla volontà di fondare un nuovo umanesimo poetico” (ancora dalla prefazione dell’antologia).
di Marco Sica