di Ken Loach, con Steve Evets, Eric Cantona, Stephanie Bishop, Gerard Kearns
Non è un uomo, lui è Cantona. Il mitico numero dieci del Manchester anni ’90. Essenza semidivina che l’ex calciatore tiene a ribadire anche, soprattutto, nel film di Ken Loach dove veste i panni, e non esageriamo, del genio della lampada. Genio invocato da un piccolo aladino operaio, un ometto colmo di rimpianti che vuole riconquistare fiducia negli altri e in se stesso. Ingredienti: Loach classico, working class unita nella lotta, commedia che poi è “una tragedia con l’happy end” e calcio, soccer in versione amarcord (i bei tempi e i bei gol e assist di Cantona. Cristiano Ronaldo? Naaaaa).
I fedelissimi del regista inglese possono alzare i calici. Questo film è su ogni cosa un inno agli atleti, quelli davvero grandi, condottieri, che diventano punti di riferimento extrasportivi, icone della meraviglia grazie ai quali farsi forza. Stavolta non sarà el pueblo unido ad abbattere le barriere. Al contrario: qui si baratta la battaglia collettiva con un fantasmatico personal trainer, e quindi con il molto meno marxista “aiutati che dio t’aiuta”. Niente paura: dal romanzo individuale emergerà generosa la solidarietà di classe, sottoforma di Grande punizione da infliggere a un “nemico del popolo” di prossimità (un pusher!).
Film a tratti non irresistibile ma grazioso, pienamente Loach, come “Basta che funzioni” è al cento per cento Allen. Segno che in mancanza di slanci creativi i grandi autori trovano rifugio (conferme?) nel milieu artistico già rodato e apprezzato. Cantona-demiurgo ispira parodie: chissà che, cosa neanche tanto strampalata, non si pensi di rifarne un remake magari con Maradona, magari in un basso napoletano…o con Zezou Zidane in una banlieu parigina, con Materazzi nella parte del gangster di quartiere…
Autore: Alessandro Chetta