Paolo Pagnani è un pianista d’ottima cultura musicale, un esempio di come si arriva al cuore dell’ascoltatore scegliendo la via più semplice nelle strutture compositive, nel modo di proporsi.
Talvolta succede che l’ascolto delle colonne sonore, sia subordinato alla visione delle immagini e che scorra via veloce senza particolari suggestioni; le composizioni del musicista napoletano, invece, vengono fuori a poco a poco, ostinate e piene di grazia, costruite su un tema apparentemente dolce e remissivo, in realtà capace di acquistare potenza e convinzione durante gli ascolti.
I brani nascondono la ripresa di un tema portante che sembra veramente sognato e scritto fuori dal tempo. Non mancano splendidi incastri melodici in cui il motivo principale si ripete in un crescendo proprio arricchendo un nucleo centrale; brani che sembrano non volersi mai fermare, un incrocio tra minimalismo disarmante e professionalità virtuosa alla quale ogni tanto Pagnani sembra non voler rinunciare.
Un album – neanche a dirlo – cinematografico, più adatto a descrivere singole scene, passaggi di tempo e di ritmo piuttosto che a evocare le atmosfere panoramiche di una pellicola, ma dotato fino in fondo di una sua autonomia che può farlo apprezzare allo stesso modo di un buon disco di musica classica.
Autore: g.ancora