Dopo il convincente “La Maledizione della Prima Luna”, Gore Verbinski alza decisamente il tiro con una tragicommedia gravida di grigiore esistenziale dal titolo “The Weather Man”. Forte di un cast significativo, il film si lancia nella narrazione della disastrosa vita di David Spritz senza risparmiare una buona dose di drammaticità.
L’idea sottesa non ha il crisma dell’originalità perchè oramai la crisi dell’uomo senza qualità, di conio musiliano, è già stata sviscerata in più occasioni dalla Hollywood degli ultimi anni. Lo stesso Nicolas Cage con “The Family Man” di Brett Ratner approdò ad un certo esistenzialismo spicciolo che si trova in assonanza con il lavoro di Verbinski. È infatti Nicolas Cage, nelle vesti del metereologo nerd David Spritz, che deve riassettare la propria esistenza e combattere contro lo sfascio familiare. I suoi intenti vanno a frantumarsi contro il muro di gomma di una società atarassica tesa ad idolatrare la mancanza di contenuti e le semplici soluzioni di facciata che nella televisione trovano il loro parossismo. Ma non è solo una denuncia, ma soprattutto un racconto che inscena il fallimento dell’uomo moderno con leggerezza encomiabile e discreta perizia registica. Il rapporto coniugale con la moglie Noreen (la brava Hope Davis) è un punto forte della trama ed anche la figlioletta Shelly, interpretata da Gemmenne de la Peña, regala gli attimi più esilaranti del film.
I punti apicali si toccano con Michael Caine che impersona il padre del protagonista Robert Spritzel e si stanzia come l’antitesi del figlio. Nel ruolo di insigne giornalista, l’attore inglese rappresenta un personaggio aristocratico che vuole mutare lo stato delle cose pur remando contro la sua inappuntabile condotta morale perchè “questo è un mondo di merda” (anche il sir Caine proferirà qualche parolaccia).
Cage è l’officiante, il sacerdote di questo funerale “da vivo” del mondo occidentale, impetuosamente condannato. Ciò che desta più dubbi appartiene comunque ai propositi che l’opera si pone, forse non alla portata di un prodotto del genere. Quando Verbinski calibra i toni drammatici con quelli da commedia commette qualche errore indugiando su situazioni poco convincenti come l’hobby del tiro con l’arco che David Spritz prende a tema esistenziale per buona parte del film. Interessante invece il ruolo dell’atto sessuale posto come antipode della redenzione, infarcito di volgarità e contestualizzato come stato di pochezza interiore. Stavolta Cage presiede ad un racconto cinematografico meno allettante del decostruzionista “Il Ladro di Orchidee” di Spike Jonze, ma “The Weather Man” rappresenta una svolta positiva per il paladino del mainstream Gore Verbinski.
Autore: Roberto Urbani