Dopo l’ottimo debutto nel 2013 i fratelli Eoin e Rory Loveless di Castelon pubblicano oggi Undertow, ambiziosissimo nuovo disco che si muove splendidamente fra post-grunge e hard-indie. Il disco è stato prodotto da Ross Orton (già al fianco, tra gli altri, degli Arctic Monkeys e di M.I.A.) e ha visto collaborare anche il bassista Rob Graham. Formazione quindi rafforzata e rinnovata, subito alla carica con grande dinamismo. I pezzi più dinamici, grintosi, come Favourite Son e We can do what We Want, si muovono strettamente intorno all’indie inaugurato ormai anni or sono dai Franz Ferdinand, magari con qualche ammiccamento al post-punk, ma Never Awake, Running Wild e Side by Side invece cavalcano l’indie più dark e cupo, ricordando alla lontana, anche per il modo di cantare e per certe atmosfere, i primissimi Cure, quelli di Pornography per intenderci.
The Snake ammicca all’hard rock, ma subito il tiro si corregge con The Woods, che invece ricorda molto da vicino le atmosfere degli Editors. Il mix interessantissimo continua con Undertow, e Standing in the Cold, che invece sono proprio una citazione diretta, anche per il tipo di distorsione di chitarra, dei Nirvana.
L’album si conclude con Have You Forgotten My Name?, nuova digressione verso il dark degli anni ’80. Non si tratta di un mix confuso, tuttavia, alla ricerca disperata di citazioni e di epigoni. Al contrario i Drenge trovano in questo secondo album la loro marca stilistica definitiva, e, seppure giovanissimi, si candidano a leader del nuovo movimento indie che (si spera) cavalcherà la scena nei prossimi anni. Il loro sound risulta originale perché contaminato, e da queste contaminazioni acquisisce linfa vitale.
L’unico difetto è, al momento, la troppa purezza di suoni, che a volte si riduce all’essenziale. In futuro, un po’ di elettronica e qualche scelta innovativa faranno di questa band qualcosa di importante nel rock di là da venire.
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autore: Francesco Postiglione