Il blues ed il rock hanno sempre cantato di disperati, di perdenti, fuorilegge ed alcolizzati. Questa lezione i Cheap Wine l’hanno compresa benissimo, così dopo tredici anni di attività, hanno pubblicato il loro album migliore (il settimo della loro carriera sempre in progressione). Anche in questo lavoro il quartetto pesarese, che ha cambiato il batterista, Alan Giannini ha sostituito Francesco Canotti, ha deciso di lavorare in funzione di un concept, che è stato ottimamente realizzato sia dal punto di vista musicale, che poetico. Gli ultimi due ani di tour, in buona parte in acustico, hanno sicuramente condizionato la realizzazione di “Spirits”, in quanto il sound ha un taglio decisamente meno incandescente, come invece era lo stesso “Freak show”, e prevalgono le ballate dal sapore roots, oltre a certi arrangiamenti jazzy. Il blues poi in questo lavoro è molto più marcato ed è il substrato di tutto il lavoro. I testi dal canto loro riprendono in buona parte tutto l’immaginario del blues e del miglior cantautorato Usa, non a caso sono presenti due ottime cover di Bob Dylan (“Man in The Black Coat”) e di Townes Van Zandt (“Pancho & Lefty”). Tuttavia, non mancano anche ambientazioni più europee come “Circus of fools”, una dolce ballata, molto onirica. In due brani i Cheap Wine omaggiano due personaggi della prima metà del novecento. Il primo è Silvio Corbari, un giovane partigiano faentino che nel 1943 sbeffeggiò le truppe nazi-fasciste nel paese di Tredozio, presentandosi travestito da vecchio contadino e con un maiale al guinzaglio, la canzone è tratta dal racconto che Pino Cacucci fa nel suo splendido libro “Ribelli”, edito da Feltrinelli. Il risultato è un’ottima folk ballad bluesata ed accattivante. Il secondo personaggio invece è il pittore Henri de Toulouse Lautrec, che fu dileggiato dai suoi contemporanei per aver rappresentato la “feccia” della sua epoca, vale a dire, gli sbandati, i miserabili, le prostitute ed i loro clienti. Il brano è “La buveuse”, uno splendido blues, che sembra nato a New Orleans, con delle chitarre fantastiche, con l’opportunissimo innesto della tromba di Gigi Faggi. Per la ballata di “Lay down”, invece, il quartetto si è ispirato direttamente a Springsteen e a Tom Petty. “Spirtis” è sicuramente uno dei tre album migliori italiani del 2009.
Autore: Vittorio Lannutti