Spuntati fuori dal nulla (o almeno al sottoscritto il loro nome risulta assolutamente nuovo), i californiani Sholi esordiscono con un disco davvero notevole, prodotto dal batterista dei Deerhoof, Greg Saunier, che spero non passi inosservato.
Descrivere il sound della band non è semplice. I loro brani ti trascinano in un vortice di rock de-strutturato per poi rilasciarti tra placidi sentieri folk (“All that we can see”, in cui si intravede la malinconia di Microphones); ti coinvolgono in arzigolati labirinti math-rock che, per quanto spigolosi, non perdono mai umanità ed intensità (grazie alla bella voce di Payam Bavafa); ti sorprendono con filastrocche incastonate tra nevrotici cambi di tempo ed intrecci tortuosi (“November Through June”) , o con brani dall’intenso potenziale emotivo, caldi ed avvolgenti come quelli dei migliori Karate (“Dance for hours”, “Contortionist”). Un disco quasi perfetto, che di “pop” ha poco e niente, ma che ciò nonostante riesce ad essere straordinariamente immediato e decifrabile, malgrado la materia sonora complessa e intricata.
Nota finale: nessuno se ne accorgerà, nessuno ne parlerà, ma anche gli Sholi (così come altri colleghi più celebri) – per un periodo limitato di tempo – dal loro sito internet mettono in vendita questo disco facendo liberamente decidere la somma da versare. Solo che loro i soldi vogliono che li diate in beneficenza (ad una delle tre associazioni no-profit indicate), e non a loro. Quale occasione migliore per prendere due piccioni con una fava? Investite i vostri soldi in una buona causa, e vi ritrovate tra le mani un disco meraviglioso.
Autore: Daniele Lama