Pprima dell’inizio del lockdown direttamente dallo store on line della Dischord ho comprato il disco dei Coriky ed è arrivato con circa tre mesi di ritardo. Quando è arrivato è stata un’epifania. Una lunga attesa, nella quale ho dato valore ancora di più a quel bene prezioso che è l’indipendenza. Già perché la Dischord, etichetta creata da Ian MacKaye, cantante e chitarrista di Minor Threat, Fugazi, The Evens e e degli stessi Coriky, non ha una fabbrica che stampa i dischi in Europa quindi quando le navi hanno potuto a riprendere a viaggiare è partito il cd.
Oggi tutto corre veloce con il lockdown in troppi hanno gestito l’ansia con lo shopping compulsivo via internet, contribuendo a gonfiare il conto corrente di Jeff Bezos, mentre io ho preferito la strada dell’attesa provando ad andare a controcorrente. Non vi nascondo l’ansia, che in parte è stata sopita dalle scuse che mi sono giunte dalla Dischord, che mi ha anche proposto di restituirmi i soldi (cosa che ovviamente non ho fatto) perché quando si acquista un cd direttamente presso un’etichetta indipendente si fa un atto politico, a maggior ragione se si tratta della Dischord. Chiudo questo lunga premessa auotbiografica per parlare del lavoro.
Innanzitutto c’è da dire che i Coriky sono formati, oltre che dallo stesso MacKaye, anche dal bassista Joe Lally, anche lui proviene dai Fugazi e dopo lo stand-by del gruppo di Washington DC ha pubblicato tre ottimi dischi a nome suo e due con il trio Messthetics, nel quale suona anche Brendan Canty, anche lui dei Fugazi. Alla batteria e alla voce, invece troviamo Amy Farina, compagna nella vita e nei The Evens dello stesso MacKaye. Insomma tutto in famiglia. Ma se con i tuoi vecchi soci ed amici ti trovi bene, perché non continuare? Infatti questo esordio, progetto nato cinque anni fa, è un disco che ti scivola dentro in maniera morbida e che ti cattura irresistibilmente. MacKaye e Lally non hanno più l’età per gli assalti post-hardcore degli indimenticabili Fugazi ma il loro tocco e il fluire della loro musica sono figli diretti della storica band di Washington DC.
Vengono evocati alcuni frammenti degli ultimi due dischi dei Fugazi che ben si miscelano con il piglio jazzato di Farina. “Inauguration day”, costituita da appunti musicali ben assemblati, sembra quasi una outtake di “Instrument”; mentre “BQM” è l’unico brano con un piglio aggressivo, brano che fa il paio con gli stop’n’go non veloci di “Jack says”.
Il perfetto punto di congiunzione tra il post hardcore e il piglio jazz il trio lo trova in “Have a cup of tea” e in “Too many husbands” la voce della Farina è sostenuta da chitarra e basso che affondano e corrono. C’è poco da fare, ogni volta che ascolto un disco con uno o più componenti dei Fugazi si apre il cuore; non soltanto per le splendide vibrazioni ma soprattutto perché, un po’ come gli ex Sonic Youth, sono gli unici musicisti che riescono ad aggiungere qualcosa di nuovo ed innovativo a ciò che hanno prodotto con il loro storico gruppo.
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autore: Vittorio Lannutti