Per l’ambient va fatto sempre un discorso a parte. Un discorso molto, molto semplice ma di quelli fatti guardando l’interlocutore fisso dritto negli occhi, in altre parole: l’ambient, piace oppure non piace, escludo qualsiasi altra evenienza. Per chi trae beneficio dalle percezioni iperminimal del genere artistico, “At the base of the mind is coiled a serpent” del canadese Aidan Baker risulterà un disco fantastico, d’ottima manifattura, colmo d’atmosfere, di sensazioni, di calma alternata ad un impeto inquietante. Viceversa per chi è già soggetto ad un facile e fastidioso gonfiore ai testicoli sarà meglio leggere la presente, dimenticare al più presto e tenersi, in questo caso, alla larga da Baker.
Io mi schiero per il partito dei pro, anche perché convinto che fare un bel disco d’ambient depurata da qualsiasi contaminazione, nell’anno 2004 d.C., non è la cosa più semplice del mondo; è un po’ come suonare il punk: se non ci riesci, sei banale, scadente e pure copione. Troppo grandi i maestri del passato.
Di conseguenza mi congratulo con Baker, anche perché il suo strano curriculum passa da gruppi post-rock ad altri noise metal e per svariate etichette in giro per il mondo: conto dal 2002 ad oggi ben ventuno lavori per venti labels diverse, oltre alla pubblicazione di due suoi libri di poesie.
Unica nota effettivamente contestabile: sulla traccia numero tre spudoratamente una schitarrata da metallaro “old school”, che fortunatamente viene campionata, e quasi, ma non del tutto, coperto da altri suoni, più adeguati allo svolgimento dell’album.
Autore: Luigi Ferrara