Stoccolma-Los Angeles andata e ritorno. Quattro ragazzi svedesi che colgono l’occasione al volo e sbarcano laddove ognuno -soprattutto se musicista o appassionato di pallacanestro- almeno una volta nella vita sogna di andare. Un viaggio e una permanenza dai discreti risultati visto che il primo album “Underneath The Surface” nonostante l’appoggio della Giant Records non ha beneficiato di una promozione a tappeto e ha sfiorato ugualmente il ventesimo posto nelle classifiche specializzate americane. Un’esperienza che andrà certamente ripetuta in un mercato che -negli ultimi anni- ha premiato questo tipo di rock ruvido e orecchiabile, solo assai vagamente metal alla
Puddle Of Mudd o ancora meno alla Nickelback.
Adesso invece l’etichetta tedesca si riprende quanto era suo – e aveva affidato ad una sublabel- e rilancia il quartetto scandinavo sulla piazza europea con occhio benevolo anche in sede di confezione, tanto che la versione acquistabile da noi contiene una dodicesima song -oltre alle undici
schedulate- e frammenti di due videoclip: “Pieces” e “Fishbowl”. Quest’ ultimo, da cd singolo, ha anticipato l’uscita del secondo lavoro. Bello quasi come il precedente, non immediato come il precedente. Tolta l’opener “This Time” ruffianissima nel giro di chitarra e acchiappante nel
ritornello, le altre canzoni scorrono un pochino meno fluide. La struttura compositiva è comunque la stessa e non esplora strade così diverse dall’ esordio lungo di due anni orsono, idonee ad esaltare l’energica melodia della specie (“She’s In Hollywood” e “Flame”). Non si sente neanche molto il
cambio della produzione ora nelle mani del cantante Noa Moden e del drummer Kasper Lindgren mentre “I Don’t Envy You” secondo e forse miglior estratto da “Underneath.” era stato trattato da Andy Wallace. Insomma quello che hanno imparato a Los Angeles, Noa e Kasper l’hanno
portato a casa loro con innegabile risparmio di denaro da girare in altre situazioni e sfruttare a trecentosessanta gradi nell’aspettativa di una riuscita generale. Che non so dire se arriverà subito: rispetto all’osannato esordio, stavolta, le critiche negative non sono mancate. Qualcuna l’approvo
anche. Piacersi non significa necessariamente piacere, almeno non automaticamente. La qualità va trovata lungo un percorso naturale che, al contrario, mi sembra sia stato accelerato troppo. Per motivi che tutti sappiamo -con le case discografiche che premono- e che solo in parte
condivido. Ma se contano le vendite. Quelle sono assicurate.
Autore: Antonio Mercurio