I Baby Blue sono una formazione di Prato che suona un ruvido garage rock sporcato sovente dai colori del blues. Qualcosa come i White Stripes, ma in piccolo. La band è attiva dal 2004 e ha già un curriculum notevole: Festival Mi Ami organizzato da Rockit, second stage dell’Heineken Jammin’ Festival e premio Fondazione Arezzo Wave Italia come miglior gruppo del 2006. Sempre nel 2006 il Lucky Brand Jeans Free Tour, supportato da Rolling Stone, RDS e All Music, e in più c’è da segnalare anche il rapporto con Paolo Benvegnù, iniziato al Magnolia di Milano in occasione dell’apertura di un suo concerto. A dispetto di tutto questo, il loro terzo lavoro (il primo ufficiale, prodotto da Paolo Benvegnù con il contributo della Fondazione Arezzo Wave) non lascia molto di sé.
Sei canzoni di garage rock attraversato da pallide tinte blues, splendidamente prodotto e registrato (guarda caso) ma che di fatto, dopo aver letto il notevole percorso che hanno fatto finora, lascia francamente un po’ delusi. Nulla di nuovo all’orizzonte, grande energia e voce sopra le righe per la cantante Serena Altavilla ma oltre questo le idee sembrano seguire i consigli di Daniele Silvestri e intraprendere la strada della latitanza. Eppure l’apertura faceva ben sperare: “Ice Cream” è un roccioso e rotolante episodio di garage blues che non trova nelle tracce successive i giusti eredi. Perché dopo la buona “River” arriva la scialba filastrocca di “Alligator” che vorrebbe vivere di due momenti, dionisiaco e apollineo, ma che di fatto risulta solo confusa. “So Much” si segnala in positivo facendo chiudere il risultato del disco sul 3 a 3: francamente un po’ poco per un gruppo che sembra riscuotere parecchi consensi nell’ambito del territorio underground italiano.
Autore: Stefano De Stefano