I Feu Therese sono una benvenuta novità proveniente dal Canada francese, e sono un quartetto perfettamente suddiviso tra due musicisti veri e propri, il chitarrista Jonathan Parant e il bassista Alexandre St-Onge, e due sound-artist come Stephen de Oliveira e Luc Paradis.
La loro scelta, in questo album d’esordio assoluto, è la musica strumentale elettronico-sperimentale, ma si sbaglia chi immagina per questo di trovarsi di fronte a semplici maghi del computer. I primi due pezzi in particolare, subito introdotti da un buon ritmo di batteria e basso, ci introducono in un’atmosfera vicina ai Radiohead e agli U2 di Zoo Station, sufficientemente melodica e lineare da poter parlare di musica rock a tutti gli effetti. Le tracks 3 e 4 procedono nella stessa direzione, presentando però maggiori variazioni di ritmo, pause e cesure della linea di racconto sonoro, che mostrano una grande ricerca, a volte leziosa, del sound elettronico, forse perpetrata con troppa insistenza, nel senso che la continuità del ritmo si perde a volte per inseguire l’effetto sperimentale a tutti i costi, il rumore sintetizzato, e ogni sorta di esperimento tecnico-creativo possibile.
L’album finisce per perdere identità, probabilmente, benché non manchi il talento, il senso ritmico, la originalità musicale e una ottima dose di melodia, che però viene sacrificata troppo spesso al computer (significativa è la rinuncia all’accompagnamento vocale, che invece avrebbe ingigantito alcuni pezzi).
L’altra nota negativa è l’eccessiva lunghezza dei brani, anche questa conseguenza della ricerca sperimentale, cosa che colpisce soprattutto nelle track di ingresso e di uscita, dove ben due minuti o più si perdono a inseguire e riprodurre rumori e suoni non articolati, prima di introdurre la vera e propria linea musicale.
Certo, si tratta di scelte perfettamente comprensibili, ma è un peccato osservare tanto talento, a volte sprecato, per la ricerca eccessiva della tendenza, della musica di nicchia, quando un’impostazione elettro-rock come quella che si ascolta nell’album potrebbe essere, se adeguatamente finalizzata, un ottimo contributo alla rinascita di un genere che ultimamente non produce grosse novità da capogiro. C’è molto però da sperare nei prossimi album di questo quartetto, che resta comunque un nome da tenere a mente.
Autore: Francesco Postiglione