Si presenta, in copertina, con un’aria e una faccia da vecchia Europa il biondo Carl Johns aka Charlemagne, moniker solista da quando i suoi NoahJohns sono in stallo: baffetti riccioluti alla Francesco Giuseppe, foulard al collo, una composta giacca di pelle. Solo la sua spettinata scodella ci riporta ad ambiti più attuali, e più coerenti con quanto effettivamente dallo stesso suonato.
Pur senza il beneficio dell’ascolto della sua band di provenienza, non si ravvisano particolari difficoltà nel tracciare il profilo stilistico di Johns, incamminato sui sentieri del country-folk, aggiornamenti “alt” inclusi.
E già, su questi sentieri è ormai d’obbligo una selezione accurata tra ciò cui vale la pena di prestare attenzione e viceversa, anche a costo di brutali sforbiciate. Quella che anni fa sembrava una nicchia beatamente trascurata dal music business e frequentata da una sparuta brigata di amanti delle radici dediti a diversificate e intelligenti rielaborazioni di queste, oggi sembra versare nelle condizioni di un casello autostradale di venerdì 31 Luglio. Per quanto senso di quiete e riconciliazione destino queste sonorità, non è altrettanto piacevole ritrovarsele confezionate a livello industriale in non poche releases. E più o meno tutti i diretti interessati “reclamano” comunque, a difesa dell’autonomia della propria identità artistica, un qualche tratto distintivo.
E non che Charlemagne sia la copia carbone di qualcuno ben individuato. In sua mano la materia country riceve un trattamento che, seppur non proiettato verso forme propriamente nuove e/o alternative, sortisce un certo effetto di “ringiovanimento”. Ma, come il termine già può suggerire, la sensazione è quella di un intervento superficiale, e concettualmente poco significativo. Alleggerire la materia in questione col pop e venarla di suggestioni che, più che psichedeliche, richiamano quel west coast sound che di essa fu lento degrado verso la “norma” (ascoltare la eaglesiana ‘August Evenings’) non pare evento determinante affinchè questo solo album omonimo vada più lontano dei tempi che il mercato impone fisiologicamente alla circolazione.
Questione di “affollamento discografico”, sicuramente. Ma che tale circostanza, per via opposta a quella del non-mercato di un genere, non entri nel novero degli alibi dietro cui giustificare produzioni mediocri…
Autore: Bob Villani